di Giovanna Di Rosa
Abbiamo assistito ad una nuova, tristissima apparizione di una Rosy Bindi prostrata dal suo essere senza argomenti, svuotata di significato politico, se mai significato politico ha posseduto, nella bella tivù di Lilli Gruber che l’ha invitata a rispondere a domande precise, mentre lei, l’ectoplasma Bindi, rispondeva di “parlare per sé” e non dava una risposta una. Per una che accusa Renzi di vendere fumo non c’è male.
Prima di essere accusata di avercela con Bindi perché è donna, preciso che avrei scritto questo pezzo anche se al posto di Bindi a Otto e Mezzo ci fossero stati Bersani, Cuperlo, lo stesso Renzi, o qualsiasi maschiaccio della politica, perché l’indignante di tutto ciò che sto vedendo, sentendo, leggendo, fors’anche scrivendo, di questo momento politico-economico così delicato è vedere come il vecchiume (e molti giovinastri purtroppo) che amministrano la cosa pubblica percepiscano perfettamente i pericoli che loro corrono come singoli – la perdita della carica, della poltrona, del potere – ma siano incapaci di vedere-prevedere gli effetti devastanti di una situazione che si protrae ormai da tempo ed alla quale sono stati assolutamente incapaci di porre il seppur minimo rimedio.
Non chiedo a Rosy Bindi di non andare in tivù. Chiedo a lei, e a tutti gli altri, di smetterla con i discorsi vuoti, gli intellettualismi sterili, il politichese da setta, il mettersi in cattedra: chiedo loro di farci vivere una politica normale, senza dimenticarmi dipormi – con sgomento – una domanda: sarei capace io, se fossi al loro posto, di essere ciò che chiedo loro di essere?
(27 novembre 2014)
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