di Vittorio Lussana twitter@vittoriolussana
Proviamo a fare un po’ di chiarezza sulla questione delle coppie omosessuali che hanno regolarizzato la loro unione matrimoniale all’estero. La recente circolare del ministro degli Interni, Angelino Alfano, è stata solamente un ‘bluff mediatico’ che non potrà avere esito alcuno: egli ha infatti utilizzato, come fonte giuridica, il codice civile del 1942, il quale regola il matrimonio in quanto ‘negozio’ esclusivo tra un uomo e una donna. Ma la Costituzione del 1948 ha ‘novato’ la fonte giuridica che dà origine e legittimazione al nostro diritto matrimoniale e, in quanto fonte ‘superprimaria’, non solo ha effetti retroattivi, ma gerarchicamente risulta al di sopra della legge ordinaria. La nostra Carta costituzionale, infatti, all’art. 29 C. parla genericamente di ‘coniugi’ senza fare alcuna distinzione di genere. E l’art. 3 C. rafforza il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini. Se qualcuno dovesse in futuro sollevare un conflitto di attribuzione tra il sindaco di Roma e il ministero degli Affari Interni, con sorpresa si ritroverà smentito dalla Consulta, che sarà costretta a dar ragione al primo cittadino della capitale: quella del sindaco Marino, infatti, è stata la semplice certificazione di un rapporto riconosciuto all’estero che risponde, innanzitutto, al diritto comunitario, il quale a sua volta si pone sullo stesso piano gerarchico della legge ordinaria dello Stato e che l’Italia è obbligata a recepire in base a una direttiva dell’Unione europea del 2004. Di conseguenza, i matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti fuori d’Italia non solo possono, ma addirittura debbono essere trascritti, su un apposito registro, in quanto certificazione assolutamente legittima che serve a molte cose: in un eventuale contenzioso, o in un giudizio qualsiasi, prova la durata e la stabilità di una convivenza. E, soprattutto, garantisce quei diritti attribuiti al coniuge dalla legislazione europea, consentendo in tal modo l’ottenimento del permesso di soggiorno per ogni cittadino di un altro Paese dell’Unione europea che voglia stabilirsi in Italia con la persona che ama. Il ministro Alfano ha dunque preso un abbaglio che rischia non soltanto di provocare un grave conflitto di attribuzione di fronte alla Corte costituzionale, ma potrebbe avere conseguenze assai negative anche innanzi alla Corte europea per i diritti umani, poiché attraverso la ‘circolare Alfano’ non solo il Governo italiano di fatto discrimina dei cittadini gay riconosciuti all’estero, ma addirittura delegittima, indirettamente, tutte le norme in materia stipulate dagli altri Paesi appartenenti all’Ue. La qual cosa, in termini di diritto internazionale, rappresenta una figura di ‘cacca’ non di poco conto.
(24 ottobre 2014)
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