di Daniele Santi
Negli ultimi giorni ne abbiamo lette di tutti i colori: dalla preparazione di raid antigay in giro per l’Uganda con la sponsorizzazione di gruppi religiosi americani e pastori di varie confessioni, con tanto di post su Facebook, e machete inclusi, ad un possibile evento sulla spiaggia programmato per il 9 agosto dove centinaia e centinaia di persone con maschere sul viso si sarebbero ritrovati in spiaggia, subito circondati dalla polizia, alle dichiarazioni di membri del parlamento che vogliono la restaurazione dell’antigay bill entro tre giorni.
Quello che di fatto è certo è che l’omosessualità in Uganda continua ad essere un reato punito dalla popolazione con la morte sociale quando non fisica e dalla legge con quattordici anni di carcere. Prima di articoli che inneggiano alla soppressione dell’antigay bill sarebbe anche bene ragionare.
(13 agosto 2014)
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