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HomeNotizie"Storie" di Gianfranco Maccaferri: "Sono Ignorante di Loro"

“Storie” di Gianfranco Maccaferri: “Sono Ignorante di Loro”

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Gianfranco Maccaferri 02di Gianfranco Maccaferri  twitter@gfm1803

Non ti è mai successo di scoprire che tutto ciò che sai non serve a nulla?
Che tutti i segni, i comportamenti, i simboli, i colori, le gestualità che hai appreso sin da piccolo non sono più quelli!
Anche le esigenze primarie, le sicurezze, i riti comuni sono altri, diversi se non opposti ai tuoi!

Sono stato invitato ad ascoltare ciò che gli abitanti di un paese ritengono indispensabile per migliorare il loro vivere quotidiano e mi accorgo che nulla di ciò che loro dicono mi appartiene per esperienza, per vissuto, per apprendimento.
Il mio compito è di realizzare un opuscolo che illustri i comportamenti quotidiani corretti e quelli pericolosi che ogni cittadino di questo paese deve avere per migliorare la sua vita e quella della comunità… in questo paese che a me è così totalmente estraneo.
Terminato di ascoltare l’infinito elenco delle pericolosità del vivere quotidiano che i cittadini hanno esposto con tutti i particolari necessari, ora tocca a me parlare, dire qualcosa di sensato e costruttivo, così cerco di fare una sintesi di ciò che ho ascoltato.
La maggioranza delle persone che mi ascoltano iniziano a scuotere leggermente il capo da una spalla all’altra.
Capisco che hanno dei dubbi enormi rispetto alle mie parole.
Mentre continuo ad esprimermi sono letteralmente con il morale a pezzi, capisco che non sono adeguato, allora insisto sui punti che per me sono fondamentali, o credo che lo siano.
Ma tutti continuano a esprimere perplessità o dubbi con il movimento della testa.
Termino un po’ velocemente. Sconfitto!
Parte l’applauso. Anche il sindaco applaude.
Addirittura il monaco mi sorride e al microfono dice di essere felice di parlare dopo di me che ho saputo cogliere così bene gli aspetti più veri delle problematiche e poi continua con parole di stima.
Tutti sorridono e continuano a scuotere la testa battendo le mani convinti.
Chiedo al traduttore seduto accanto a me perché tutti applaudono pur essendo dubbiosi.
Così scopro che muovere la testa da una spalla all’altra, non esprime dubbio ma bensì consenso, significa essere pienamente d’accordo.
Appunto! Adesso ne sono certo: io sono fuori dal mio mondo, qui non ho nessun riferimento valido.
Cosa c’è di più destabilizzante del non capire neppure se uno ti sta comunicando: un sì, un no, un forse?
Sono davvero ignorante di loro!
Terminata questa riunione si decide di andare all’università di medicina più prestigiosa del paese ed entrando vedo piccole strisce di carta nera appese al soffitto dell’ingresso. Anche dai soffitti dei corridoi e delle aule pendono fittissime le strisce di carta nera.
Con aria seria chiedo chi è morto di così importante se tutta l’università manifesta il lutto in modo così evidente.
Il traduttore mi guarda con occhi sorpresi e incuriositi.
Scopro che il nero è il colore della protesta, dello sciopero e che fortunatamente ancora nessuno è morto.
Poi il presidente dell’università mi porta nelle sale più importanti per lo studio e scopro che i testi più prestigiosi e preziosi sui quali si basa lo studio della medicina sono reperti antichi: stretti e lunghi rettangoli di carta fittamente scritta con i fogli rilegati tra due sottili legni decorati che si aprono a ventaglio. Non esistono testi moderni e contemporanei importanti come quelli.
E così mi do da solo il benvenuto nella più prestigiosa università di medicina ayurvedica.
Durante uno spostamento in auto vedo sulla strada degli striscioni bianchi, più si procede e più il bianco invade i bordi della carreggiata. Alcune persone vestite di bianco camminano tenendo tra le due mani un vassoio con sopra magnifici fior di loto bianchi.
Decido di fermarmi per andare a curiosare le usanze di un matrimonio, che comunque a prima vista non appare così allegro.
Il traduttore mi spiega che il bianco è il colore per indicare una morte, il funerale, ma anche da usarsi nelle cerimonie importanti.
Oramai sono davanti alla casa, così decido di entrare per osservare il rito: il morto è un giovane uomo che è stato vestito di bianco. Intorno a lui ci sono diverse persone che individuo come i famigliari ma mi colpisce un ragazzo sui 20 anni che piange a fianco del cadavere, neppure le donne piangono tanto.
Il traduttore si ferma nel cortile a parlare con altri uomini poi mi si avvicina e mi racconta cosa è accaduto:
“Ieri un bambino del villaggio è caduto dentro il pozzo del cortile di casa, allora il padre è corso a chiedere a quel ragazzo che adesso sta piangendo se lo poteva aiutare, ma lui non c’era così è venuto a chiedere a quest’altro ragazzo che adesso è morto. Il problema è che il ragazzo che piange è un grande esperto di pozzi, mentre quello morto lo andava sempre ad aiutare, ma non era forte come lui. Sai i due ragazzi erano grandi amici, una amicizia esclusiva, come si usa qui. Il ragazzo si è calato nel pozzo, ha recuperato il bambino legandolo ad una corda così il padre lo ha potuto tirare su e adesso il bambino sta bene. Ma il ragazzo risalendo dal pozzo è scivolato e cadendo deve aver battuto la testa, così è annegato.
È toccato all’amico, nel pomeriggio, calarsi nel pozzo per recuperare la salma.”
Adesso che ho capito la situazione osservo il giovane uomo che continua ad accarezzare l’amico morto, si avvicina col volto sino a sfiorarne la bocca, sorride un attimo, poi si alza e si allontana di qualche metro. Si siede per terra e rincomincia a piangere. Altri ragazzi gli si siedono intorno parlandogli sottovoce. Lui risponde nervoso, si rialza e, con il viso pieno di lacrime, ritorna accanto al morto per accarezzargli nuovamente la testa.
Le sue mani tremanti dai capelli scendono verso la fronte, le tempie, sfiorano il naso, con un dito ripercorre le labbra dolcemente, continua ad attraversarle da un lato all’altro, poi le mani tornano sulla nuca e con un dito ridiscende lungo il profilo sino alla bocca, sollecita le labbra quasi ad aprirle.
Nessuno lo aiuta in un possibile conforto.
Un uomo lo prende appena in tempo sotto le ascelle quando si accorge che il ragazzo sta svenendo. Lo fa sedere.
Delle donne portano dell’acqua. Lui beve lentamente poi si allontana, si siede per terra facendo scivolare la schiena alla parete.
Si copre il volto con le mani ma poco dopo gli esce un urlo rauco, soffocato che sembra non terminare mai.
È evidente che lo strazio è enorme per la sua giovane età.
Tutti si voltano a guardarlo. Lui si alza e uscendo dalla casa noto che prende una bottiglia di plastica posta in un angolo esterno della parete e si allontana verso il cortile, poi inizia a camminare veloce perso la boscaglia.
In quel momento, il traduttore che mi è accanto, gli corre dietro, lo raggiunge e lo immobilizza, vedo che gli toglie dalle mani la bottiglia di plastica. Il ragazzo inizia a urlare completamente stravolto nell’espressione. Il traduttore gli rimane accanto e sostenendolo lo riporta in casa raccontandogli qualcosa.
Poi il traduttore va da una donna e gli consegna la bottiglia di plastica, gli dice qualcosa in modo perentorio.
Chiedo al traduttore di spiegarmi l’avvenuto: “ Adesso che il suo amico è morto anche lui vuole morire. Prima ha preso quella bottiglia di plastica, è una confezione di veleno per topi, voleva ingerirla tutta per morire anche lui. Da noi il dolore per la perdita dell’amico è talmente forte che molti ragazzi decidono di suicidarsi, per non sopravvivere all’amicizia.”
Io questa scena la conosco, l’ho letta decine di volte e così ne faccio partecipe il traduttore. Dopo una brevissima premessa della storia, cerco le parole in un italiano comprensibile della antica lirica:

“magnanimo Achille una storia tristissima ti devo raccontare: …giace Patròclo; sul cadavere nudo si combatte…
Una nube di strazio nero avvolse Achille, con tutte e due le mani prendendo la cenere arsa se la versò sulla testa, insudiciò il volto bello… e poi, nella polvere giacque, e sfigurava con le mani i capelli, strappandoli…. singhiozzava nel petto glorioso.
Dall’altra parte Antìloco pietoso, lacrimando a dirotto e di cordoglio spezzato il petto
tratteneva d’Achille le terribili mani, onde col ferro non si squarciasse per furor la gola…
…di Achille il lungo compianto iniziava, le mani sul petto all’amico posando, gemendo fitto…”

Il traduttore mi fissa stupito: “Ma allora la cultura italiana è simile alla nostra, i ragazzi vivono l’amicizia allo stesso nostro modo, anche in Italia hanno l’amico del cuore”.
“No! Quella che ti ho appena raccontato è una storia greca antichissima, noi la studiamo solo… Io me la sono ricordata perché l’ho imparata a memoria da ragazzo a furia di rileggerla decina di volte, ma quello che ho visto qui me l’ha fatta ricordare, ci sono delle similitudini enormi.”
Adesso il ragazzo è da solo, appoggiato ad una parete ha lo sguardo fisso verso l’amico morto. Accanto al ragazzo arriva una donna (il traduttore mi dice essere la madre) che gli prende la testa tra le mani appoggiandola al suo petto. Il ragazzo non piange ma inizia a produrre dei versi di dolore commoventi.

…Teti, la madre di Achille, udì del figlio l’ululato orrendo…
…o madre mia… se il diletto amico, se Pátroclo è già spento
Io lo pregiava sovra tutti i compagni; io di me stesso al par l’amava …e l’ho perduto.

La madre tenta di portare via il ragazzo ma lui le chiede di aspettare, così si riavvicina alla salma e ne accarezza il volto, lo bacia e poi inizia a mettergli in ordine i vestiti: abbottona la camicia anche sul collo poi con le mani fa aderire la stoffa bene al torace e giù sino alla cintura, fa in modo che anche i pantaloni siano senza pieghe lungo le gambe, arrivato ai piedi nudi li accarezza, si inginocchia e lentamente li bacia.
La madre gli si avvicina, gli prende delicatamente tra le mani la testa, lui si rialza ed insieme escono.
Anche il mio amico traduttore ha le lacrime agli occhi vedendo la scena, gli sussurro all’orecchio:

…ma timor mi grava
che nelle piaghe di Patròclo intanto
vile insetto non entri, che di vermi
generator la salma (ahi! senza vita!)
ne guasti sì che tutta imputridisca.
Pensier di questo non ti prenda, o figlio,
gli rispose la Dea: l’infesto sciame
divoratore de’ guerrieri uccisi
io ne terrò lontano. Ov’anco ei giaccia
intero un anno, farò sì che il corpo
incorrotto ne resti, e ancor più bello.

Il traduttore mi guarda con gli occhi rossi e umidi, capisco che sta riflettendo, poi mi prende per un braccio e mi porta fuori, ci incamminiamo nuovamente verso l’auto. Saliti in macchina e ripreso il viaggio, interrompe il silenzio dicendo: “Se noi viviamo quello che voi studiate a scuola come testi antichi importanti… significa che noi viviamo in un mondo antico che presto non esisterà più.”
Poco più avanti la macchina deve inchiodare lasciando sull’asfalto buona parte dei copertoni. C’è una famiglia di tartarughe che ha iniziato ad attraversare la strada. Presto si forma una lunga coda di auto. Il tempo trascorre ancora più lento guardando la fila di tartarughe. Per velocizzare l’operazione propongo di intervenire così si scende dall’auto e con pazienza si aiutano gli animali nell’attraversamento: prima la mamma, grande e pesante che necessita di due persone per sollevarla, poi uno ad uno i piccoli.
Tutti risalgono in macchina felici di aver risolto la questione più velocemente del previsto.

Giunti ad un incrocio si prende una strada privata sterrata, andiamo a casa di un politico influente. Percorrendo la stradina noto ai due bordi, distesi sugli arbusti e sugli alberelli che formano il viale d’ingresso della casa, mutande di diverse misure, camice, pantaloni, lenzuola, ecc.
La biancheria e gli indumenti si stendono così, posandoli sulla vegetazione che porta a casa, in questo modo chiunque arriva nota la ricchezza della famiglia, la disponibilità finanziaria che ha nel comprare vestiario e biancheria.
Le tante mutande distese nel viale d’ingresso sono un segno di prestigio famigliare!
L’incontro con il politico è illuminante: vogliono che io realizzi un opuscolo da distribuire alla popolazione. Mi spiega che solo affidando il lavoro ad uno straniero possono uscire dai vincoli istituzionali che sino ad oggi non hanno portato quasi nessun riscontro tra la popolazione.
A sera tarda decido di riguardare gli appunti sulle problematiche che la popolazione mi aveva segnalato e per le quali devo trovare i messaggi corretti da proporre alla popolazione perché tutti inizino ad avere comportamenti consapevoli e migliorativi dello stile di vita quotidiano.
Tra le principali segnalazioni che avevo decisamente sottovalutato trovo: i pozzi d’acqua aperti e quindi pericolosi per i bambini, le bottiglie di detersivi e dei veleni per animali lasciate sparse per casa anziché essere chiuse in un apposito armadio, la mancata pulizia ed igiene in casa e in cortile che porta ad avere animali nocivi per la salute oltre ad altri animali, come i serpenti, che per cibarsi si introducono nelle abitazioni, elefanti arrabbiati e pericolosi perché sulla loro via trovano nuovi ostacoli come strade o case, ecc.
Capisco che non mi hanno chiamato per trovare le soluzioni ai loro problemi, quelle le conoscono benissimo loro.
Mi hanno chiamato per cercare un modo accattivante, simpatico, fruibile, per veicolare i messaggi.
Probabilmente i politici hanno scoperto che ciò che viene detto o scritto a livello istituzionale, dalla popolazione non viene sentito come proprio, ma viene vissuto come imposizione calata dall’alto, non consigli ma ordini.
Quindi delineo il come affrontare il compito assegnatomi: per prima cosa capire il significato dei colori e quindi per la grafica usare quelli che danno il senso di sicurezza ma non di ufficialità; poi cercare un disegnatore che in modo ironico rappresenti le scene pericolose quotidiane, così si alleggerisce la tragicità ma si fanno sentire proprie le scene rappresentate, l’autoironia ho notato che qui viene apprezzata, infine, a fianco di ogni disegno, si inseriranno i messaggi relativi ai comportamenti corretti.
Da domani inizierò i confronti per verificare se l’idea è sufficientemente accattivante e coinvolgente per gli abitanti, ma soprattutto per i ragazzi in quanto saranno loro i più disponibili a modificare alcune piccole abitudini quotidiane.
Al buio mi torna in mente il ragazzo del funerale, spero che la madre vegli su di lui la sera e la notte per non fargli compiere il gesto estremo.
Domani mattina per prima cosa lo andrò a trovare e gli chiederò di collaborare al progetto: se vuole spiegare tutti i segreti dei pozzi d’acqua, gli aspetti pericolosi, come si possono superare, quali suggerimenti dare alla popolazione.
Se lui è il ragazzo che meglio conosce i pozzi, se il suo amico è morto in un pozzo, se lui ne ha recuperato il cadavere… sicuramente può trovare in questo incarico un modo per dare un senso a tutto ciò che gli è accaduto.
Certo non gli allevierà lo strazio, ma io altro non posso fare.

 

 

 

 

L’opuscolo di 60 pagine è stato inizialmente stampato solo in 10.000 copie per verificarne il gradimento e l’effettiva efficacia, successivamente è stato realizzato in tre edizioni nelle tre lingue ufficiali dello stato e stampato in numero sufficiente per tutte le famiglie.
Il ragazzo esperto in pozzi ha collaborato sia per il capitolo specifico, sia per quelli dedicati ai serpenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(5 agosto 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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