di Aurelio Mancuso twitter@aureliomancuso
Che bilancio si può fare prima della pausa estiva del governo Renzi? Diffusa è la delusione soprattutto per le donne e le persone lgbt rispetto all’inazione della maggioranza presieduta dal segretario del Pd. A fare un elenco ragionato, lo sconforto si alimenta, ma facciamolo lo stesso: divorzio breve fermo alla Camera, cambio del cognome, bloccato dai veti incrociati degli uomini di destra e sinistra, legge contro l’omofobia impantanata in Commissione giustizia del Senato, norme sulle unioni civili stoppate da un’intervista di Renzi su Avvenire che rimanda a una iniziativa in autunno del governo.
Altri sostanziosi segnali provengono proprio dall’azione diretta del governo, poiché dalla sua nascita la delega alle Pari Opportunità non è stata attribuita provocando una concreta paralisi di tutte le attività avviate dai precedenti governi tra cui la Strategia Lgbt, il piano di finanziamento e sostegno dei Centri Anti Violenza, la non inclusione nella richiesta dei Fondi Europei di finanziamenti per progetti contro le discriminazioni.
Se un governo di centro destra avesse prodotto tutti questi disastri, probabilmente, si sarebbe alla presenza di robuste proteste, che invece nella stordente epoca della pax renziana, si sono trasformate in mugugni e senso di sconforto. Insensibile, se non avverso a tutto ciò che “rappresenta” istanze sociali (a parte quelle di derivazione cattolica), più volte disegnate anche dai suoi più stretti collaboratori, come ininfluenti e fastidiose, Renzi ha seguito uno schema molto preciso: ignorare, possibilmente rinviare, rassicurare quando è necessario le gerarchie cattoliche retrive, che nonostante l’azione di Francesco, in Italia continuano a spadroneggiare.
E’ indubbio che la qualità della chiarezza non manchi al premier, quindi, a differenza dei suoi predecessori che tentavano di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, la sua “timidezza” sui diritti civili si traduce in una sostanziale, anche se non proclamata, avversione all’agire.
Dopo la polemica sulla pubblicazione dei libretti dell’Istituto Beck, sembra che l’Unar sarà svuotato di tutti i compiti assegnati negli ultimi anni, nessuna indicazione politica perviene nemmeno su future (improbabili) campagne.
Insomma il bilancio, per rimanere distaccati, è questo e sembra non interessare molti, nemmeno tra chi dentro il Pd, a parole è più sensibile sulla partita dei diritti civili, forse troppo occupati ad assicurarsi strapuntini in Europa, o posti (probabilmente di facciata) nella prossima segreteria nazionale.
(28 luglio 2014)
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