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Siamo proprio sicuri che essere contrari ai matrimoni ugualitari sia sicuro sintomo di omofobia?

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Isteria 300x450di Giovanna Di Rosa

Fermo restando che Silvia Costa e la nuova capodelegazione del PD al parlamento europeo Patrizia Toia hanno scritto cose vergognose sul quotidiano Europa il 17 marzo del 2012, cose che si commentano da sole, definendo il matrimonio egualitario “una mutazione antropologica e un indebolimento della costruzione dell’identità sessuale di bambini e bambine”, affermazione alla quale l’attuale sottosegretario di Stato al Ministero delle Riforme costituzionali e Rapporti con il Parlamento nel Governo Renzi Ivan Scalfarotto rispose con puntualità, c’è qualcosa sulla questione omofobia o presunta tale di cui vorrei parlare.

L’osservazione delle due pasionarie della morale tout court andava più in là, articolandosi così: “Il principio di non discriminazione per orientamento sessuale, assolutamente condivisibile sul piano umano, etico, politico e giuridico, può essere invocato per rendere indifferente lo status del matrimonio rispetto alla sua natura e cultura di compresenza di un uomo e di una donna, fondata sulla reciprocità della differenza sessuale e orientata (non certamente vincolata) alla procreazione, senza provocare una mutazione antropologica e un indebolimento della costruzione dell’identità sessuale di bambini e bambine?”, pensando di esprimere un dubbio intelligente in realtà fomentavano un pregiudizio orribile.

Da queste pagine voglio però provocatoriamente chiedermi se proprio tutti, tutti coloro che per ragioni differenti manifestano la loro contrarietà al matrimonio egualitario possano essere tacciati di omofobia, perché a volte temo si corra il rischio di inflazionare un termine che rischia di diventare come il canto del cuculo alle 5 del mattino al quale fai l’abitudine e non ti sveglia più.

Scriveva La Karl du Pigné nella sua rubrica “Il Manganello…” che ospitiamo su queste pagine: “(…) Il suffisso fobia è chiaro a tutti: dei ragni, dei luoghi aperti, del buio, dei luoghi chiusi, delle piume, dei topi, della minestra, dei piani alti e delle scatole di cartone. Credo che le fobie siano migliaia. Ma quando noi lgbtqi diciamo e usiamo il termine omofobia, lo decliniamo come quell’irrazionale terrore che gli altri hanno alla nostra vista e che sfocia nell’odio, nella minaccia e nella condanna senza se e senza ma delle nostre vite e delle nostre persone, oppure la usiamo anche quando raccogliamo nei nostri confronti obiezioni senz’altro bigotte ed espressioni intolleranti sul nostro stile di vita? E mi chiarisco: se il signore dell’interno sei del mio palazzo non gradisce che una coppia di gay abiti nel suo stesso condominio e lo fa esprimendo una sua opinione, legittima, senza diffamarmi (voi omosessuali siete tutti pedofili, ad esempio) magari dicendo che non apprezza il mio stile di vita o affermando che secondo lui io non posso avere il suo stesso diritto a sposarmi, posso tacciarlo di essere omofobo? O è semplicemente uno stronzo bigotto?”; c’è omofobia in questo scritto?

I miei due amici gay che parlano di un anziano omosessuale interessato ad uno di loro e lo chiamano “quella vecchia frocia”, sono omofobi o no?

Se io mi dichiaro contraria al matrimonio egualitario perché mi sembra che si tratti di uno scimmiottamento di paradigmi (v)eterosessuali che non mi interessano, ma nello stesso tempo affermo che l’assoluta parità di tutti gli esseri umani deve esistere, e sto esprimendo solo la mia contrarietà ad un istituto che abbia lo stesso nome di un altro e nella cui utilità non credo, ma nello stesso tempo dico forte e chiaramente che si possono raggiungere gli stessi obiettivi di uguaglianza anche attraverso altre formule – che esistono – e che consentono di raggiungere gli stessi risultati di parità effetiva, sono omofoba?

Non si sta correndo il rischio di tacciare di omofobia tutto, ma proprio tutto ciò che non va nella direzione di quella che io ritengo essere una normalizzazione tout court che rappresenta per la testa del movimento lgbtqi il raggiungimento della parità di diritti?

Non c’è un po’ di pregiudizio a rovescio, (mi spiego meglio: “non sei d’accordo con le mie istanze, sei omofobo?”) in questo momento storico in cui per l’ennesima volta si è ad un passo dall’ottenere finalmente una legge che garantisca anche le persone omosessuali italiane?

In questo modo non si svuota del suo valore la parola “omofobia” (s. f. [comp. di omo(sessuale) e -fobia]. – Avversione ossessiva per gli omosessuali e l’omosessualità – Vocabolario Treccani) utilizzandola anche per etichettarmi semplicemente perché dico che per la parità di diritti ci sono anche altre vie oltre al matrimonio egualitario?

Credo che uno degli errori più clamorosi del movimento lgbtqi italiano stia proprio lì: nel ripetere ossessivamente – e spesso solo ad uso interno – le stesse accuse anche quando si potrebbe articolare un pensiero un po’ più profondo su ciò che accade.

Si è, in questo modo, sloganizzata la battaglia per i diritti civili.

E non sto difendendo i deliri delle varie Costa e Toia del caso.

( 23 luglio 2014)

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