di La Karl du Pigné
La parata del Roma Pride si è conclusa da poche ore, ne sa qualcosa la mia schiena a pezzi che stamattina non vuole sentire ragioni. Bilancio con l’adrenalina ancora in circolo dopo una giornata faticosa, estenuante ma che aspettavo da tempo. Tanta gente, al Roma Pride, tanti giovanissimi, tanti amici e amiche etero, il segno di una società che cambia, tanti gli applausi della gente che ci ha visto sfilare e che dai bordi della parata si è fermata a guardarci ballare e urlare slogan. Sono ancora piena di gioia, dal Carro del Coordinamento del Roma Pride sentivo la potenza delle parole del nostro documento politico ritornare dalle urla di approvazione, dalle migliaia di voci che intonavano gli storici “vaffa” che tutti gli anni riserviamo ai nostri “amici” di sempre (tanto per citarne alcuni Giovanardi, Santanchè, Roccella e le new entry di quest’anno, Biancofiore, Alfano e Salvini). Un must imperdibile. E quest’anno, dopo venti anni, il Sindaco di Roma è tornato in Parata, con i rappresentati della Regione Lazio e con tutti i Presidenti e rappresentanti dei Municipi di Roma. E Nichi Vendola, e Cuperlo. Un fatto importante che ora si dovrebbe tradurre in atti concreti per la nostra comunità. Io mi siedo, soddisfatta delle centinaia di migliaia di persone che erano in piazza e aspetto i risultati di questa presenza istituzionale.
Dovunque la campagna pubblicitaria del Roma Pride, quei volti colorati di rainbow e quel “Ci vediamo fuori” e ancora quello slogan “Adesso fuori i diritti” che pare proprio abbiano funzionato. A me personalmente non ha fatto impazzire ma credo dipenda dal fatto che sono romana e quel “se vedemo fori” collegato a una faccia incazzosa che me lo dice non mi fa pensare propriamente a una rivendicazione lgbtqi. Ma la comunicazione ha colto nel segno, metterci la faccia personalmente ha pagato e moltissimi hanno pubblicato le proprie foto rainbow sul web. Insomma, un successone, che ci meritiamo tutte e tutti.
Ma io sono un po’ incontentabile. Come ho già avuto modo di dire proprio sulle colonne di questa rubrica qualche settimana fa, suggerivo caldamente lo slogan lanciato da Conchita Wurst all’Eurovision, quell’internazionalissimo “we are unstoppable” che infatti qualcuno in parata ha portato come slogan. E che è risuonato a più riprese sul percorso colorato e festoso che ci ha portati fino ai Fori Imperiali.
Da quando facciamo il Pride abbiamo ricevuto sempre critiche per la visibilità di tutte e tutti nella nostra manifestazione: ci hanno accusato di essere carnevaleschi, pervertiti, anche pedofili, di mostrare tette e culi scoperti, di assecondare con i nostri corpi esposti la trasgressione, il libertinaggio e quindi la nostra immoralità, quindi del tutto inammissibile richiedere diritti singoli e di coppia, tantomeno pensare a figli e adozioni. Ci aspettiamo ogni anno attacchi di questo genere, è nel dna della nostre rivendicazioni che i buontemponi della parte avversa gridino allo scandalo, ricordino il sacro valore della famiglia “naturale”, come se ne esistesse una “innaturale”. Scorrendo i vari social mi imbatto, ormai purtroppo sempre più spesso , in gay (eh si, quasi sempre uomini) che anelano a una normalità, di vita, di vestiario, di comportamenti. Dire che, per una come me, questa roba sgomenti, è dire veramente poco.
Fra le tantissime cose lette in giro che non mi quadrano affatto, riporto qui uno scambio tra alcune persone che mi sono ritrovato su una delle pagine Facebook che gestisco. Ho eliminato i nomi, inserendo delle generiche sigle AAA BBB CCC, non per una mera questione di privacy, ma di comodità (sono commenti pubblicati sulla mia pagina Facebook, la mia bacheca è aperta e chiunque se li può andare a trovare e leggere) sono riportati integralmente e se ne comprende esattamente il senso. Non aggiungo altro, la mia schiena dolorante non accenna a chetarsi, colpa anche di quello che leggo, perché, tanto si sa, i gay sono persone più sensibili (anche nel mal di schiena).
Il contesto è la campagna pubblicitaria del Roma Pride e la scelta di alcuni di riferirsi in modo più specifico a quel “We are unstoppable” di Conchita Wurst, utilizzando la sua immagine nella comunicazione. Ricordo, solo per dovere di cronaca, che “siamo inarrestabili” compare più volte anche nel documento politico del Roma Pride 2014.
- AAA Siamo froci/e, lesbiche, trans, intersex, bisessuali, puttane, femministe, queer, migranti, terrone, camioniste, shampiste, sfrante, passive, effeminate, ciccione, senzatetto, fannullone, precarie.
- BBB AAA, sarebbe più giusto dire “fuori dal comune”… di Roma! …. Da una parte l’azzeccata (finalmente) campagna pubblicitaria del Roma Pride di quest’ anno: con volti determinati, forti, fieri e anche aggressivi, quanto basta e nel modo giusto. Dalla parte invece opposta questo vostro disastro comunicativo. Sareste da denuncia per i danni d’immagine che create a tutti noi nei confronti di chi non conosce o conosce poco la comunità LGBT e incappa in queste immagini…
- AAA Attendo la denuncia
- CCC La tua affermazione dimostra quanto sia invece valida ľidea di fondo. Chi avrebbe pensato 20 anni fa che ci sarebbe stato bisogno di un pride nel pride, per difendere il diritto ad esistere di frocie fuori norma? Quelle stesse che hanno dato inizio a tutte le rivendicazioni, e che oggi la norma vuole sbattere fuori. Come se il popolo lgbtzxy al quadrato fosse composto solo da paladini virili e muliebri pulzelle, accomunati da orgoglio, fierezza e combattività! È proprio chi non rinuncia alla propria peculiarità a dover affrontare quotidianamente valanghe di merda, non certo un bonazzo barbuto dallo sguardo truce. I danni alla comunità li fa, come sempre, ľomologazione, figlia della paura, concetti opposti alla natura del pride.
- BBB L’ostentazione urlata è sempre fastidiosa per chi l’ascolta/vede e fa giustamente dire “ma che vole quest*?”, ed è nociva per chi viene confuso con persone fastidiose e nella vita di tutti i giorni (lavoro, famiglia, ambito sportivo, comunità sociale in generale) ne subisce le conseguenze. Non ci sono solo le vittime dell’omofobia, ma anche vittime di questo modo di ostentare e dar fastidio e di questo modo di fare Pride e movimento.
- CCC Ma dar fastidio come? Esistendo? Non mi pare che qualcuno vada a fare la mano morta agli uomini in metropolitana o a violentare i muratori, dove starebbe ľoffesa? purtroppo la gente avrà sempre bisogno di delimitare un territorio che in negativo faccia da confine alla propria comfort zone, abitato da diversi che lo facciano sentire normale. Dare la colpa dello stigma a chi è più diverso, diciamo così, è piuttosto ingenuo. Sarai frocio a prescindere, per gli imbecilli tutti casa, chiesa e puttane minorenni.
- DDD I pride non servono più, sono solo delle folkloristike ed inutili manifestazioni eccentriche dell’ego sfrenato di una piccola parte del mondo glbt che, come da più affermato e da me condiviso in pieno, fa solo una pubblicità negativa alla maggior parte delle persone che quotidianamente conducono una “vita normalissima”, che vanno normalmente al lavoro, che non hanno bisogno di piume e paillettes e che non frequentano posti di ritrovo ghettizzanti, battuage e quant’altro, che vivono la loro sessualità nascosti o alla luce del sole, ma come qualsiasi persona, siano esse etero, gay o quant’altro!
- BBB E chi ha detto nulla rispetto al modo di vivere e stare tra la gente di queste persone? Io sto facendo un altro discorso che per convenienza fai finta di non capire e stravolgi: esisti come vuoi, ma non passare il tuo tempo a metterti in mostra con spettacolini eccentrici. Se poi consideri che questi eccentricismi danneggiano anche me… Quanto all’idea che gli altri siano degli imbecilli, CCC, la lascio tutta a te, tutta tua prego.
- BBB Bravo DDD!
- EEE comunque regà un frocio che dice a un altro frocio me rovini l’immagine è veramente tutto, famo ride pure quando semo serie.
Ho fatto leggere l’articolo in anteprima alla mia amica Lella di Ciampino. Ancora sta’ a ride’. E m’ha detto: “Io so’ troppo fortunata. Se faccio legge sta robba a mi padre, che c’ha 72 anni, li chiama lui BB e DD e je dice ahò, vedemose fori”. Ecco, la saggezza popolare, a volte…
(8 giugno 2014)
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