di Il Capo
Abbiamo ricevuto proteste da parte di alcuni che pretendono essere i capostipite della letteratura su supporto elettronico che oltre al baito per alcuni refusi [sic] che a posta non abbiamo corretto, e sul fatto che essi, che sono esperti di tutto fuorché di silenzio e che riempiono il vuoto che sono incapaci di colmare in altro modo scrivendo ciò che salta loro in testa senza riflettere, dopo che la loro pancia, e solo ha quella, ha letto ciò che avrebbero dovuto leggere senza la pretesa di essere critici, ci comunicano ciò che dovremmo fare.
Perché nel mondo di twitter sono tutti letterati, scrittori, bloggers giornalisti, teatranti, attori, difensori dei diritti umani, politici, sindaci, e soprattutto belle persone, pronte ad attaccare senza motivo n’importe qui con le loro scemenze.
Secondo uno di questi principi dell’editoria il pubblicare racconti nella nostra rubrica week-end letterari non darebbe spazio agli stessi nell’editoria, ebbene sappiate che chi scrive questo articolo ha pubblicato in Italia, ha diretto collane editoriali, collabora con tre mensili (uno italiano – prestigiosissimo – e due stranieri) ha un editore con cui pubblica nei paesi di lingua spagnola e potrebbe continuare: non è vanità, è distruggere una teoria basata sul nulla.
Come molte delle teorie che abbiamo letto in questi giorni, decisamente una più fantasiosa dell’altra.
Decidiamo di non correggere i refusi che ci sfuggono, semplicemente perché sul cartaceo i refusi una volta pubblicati non posso essere corretti, se non in una edizione successiva, e dato che per noi letteratura in cartaceo e letteratura elettronica hanno la stessa dignità, operiamo in tal senso.
Va poi sottolineato il fatto che, da maleducati quali siamo, abbiamo ricordato più volte che i nostri lettori sono benvenuti, sono numerosi e sono preziosi, ma chiunque non sia d’accordo con le nostre linee, con quello che facciamo, chiunque sia così puro da considerare imperfetto il nostro lavoro e che sappia trovare qualcosa di più perfetto che lo soddisfi ha la libertà di non leggerci.
Che è una libertà molto più grande di quella di scrivere qualsiasi cosa.
In più la proprietà di questo quotidiano ha la pessima abitudine di fare solo ciò che pensa sia giusto che tradotto in popolano diventa “ascolto qualsiasi cosa, ma faccio solo ciò che decido”.
(28 maggio 2014)
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