di Giancarlo Grassi
Il PD è primo partito in tutta Italia, vince anche in Piemonte ed Abruzzo, ed è saldamente il partito più forte anche nelle roccaforti che per la prima volta vanno al ballottaggio come Modena, con il sindaco uscente Pighi che non è stato esattamente un fulmine di guerra e con il candidato sindaco, sicuramente eletto al secondo turno a meno di terremoti, Giancarlo Muzzarelli che non è esattamente espressione della nuova dirigenza del partito.
Sergio Chiamparino e Luciano D’Alfonso hanno vinto le rispettive sfide in Piemonte ed Abruzzo, (“Una delle due sarà nostra”, aveva detto Grillo) e questa enorme mole di consensi comincia a provocare fibrillazioni al governo dove Alfano sgomita dicendo “Il governo non è un monocolore PD”, quasi come se cominciasse a rendersi conto di contare meno del due di coppe con briscola a bastoni (Alfano è conscio di avere un partito che vale poco più del 2,5% se l’Udc – con cui si è alleato per entrare a Strasburgo – vale quell’1,6 che i sondaggi gli attribuivano).
Il PD ora può solo andare avanti sulla strada delle riforme, che si faranno più complicate perché gran parte del ceto produttivo, fatto di professionisti e di piccoli e medi imprenditori, guardano a lui come il premier che può aiutarli con leggi che stimolino la ripresa e con un abbassamento d’imposte che non li strangoli (quella sulle imprese è una pressione fiscali insopportabile), dopo i fallimenti ed i bla bla bla del ventennio berlusconiano (non che la sinistra, nello stesso periodo abbia fatto sfracelli).
(27 maggio 2014)
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