di Rosario Coco twitter@rosariococo
Qualcuno crede davvero che sacrificando il Senato il nostro sistema politico torni a funzionare? Che basti il superamento del bicameralismo perfetto?
Siamo alle solite: innovare, cambiare, tagliare i costi della politica. Se si chiede come, perchè e di chi casca l’asino.
Il dibattito sembra ormai aver preso la piega dei conti della serva: hai visto quante indennità e quante poltrone in meno? Tuttavia in questo modo sfuggono i conti di ieri e di domani. Solo per far un esempio i 26500 consiglieri e 5000 assessori in più previsti dalla riforma Del Rio per l’abolizione delle province, come spiega bene Il Fatto Quotidiano. In barba al “taglio della politica”, infatti, e in barba al famoso segnale ai cittadini, in quel testo, da un lato si tolgono le province, dall’altro si aggiungono poltrone. Senza entrare nel merito, che logica ha tutto questo? Anche fosse per sopperire alle funzioni delle province, sarebbe solo una toppa che dire aleatoria è poco.
Insomma non solo ciò che si risparmia con il Senato che diventa “Camera delle Autonomie” non risolve nulla, ma, praticamente, viene in gran parte neutralizzato da questo codicillo.
La favola dell’efficienza funziona molto poco: l’ingovernabilità di questi anni ha nomi e cognomi precisi, che certamente non sono quelli dei padri costituenti che hanno pensato al bicameralismo perfetto come argine all’autoritarismo, come spiega bene l’appello di Libertà e Giustizia. Berlusconi, il centrosinistra che non ha mai toccato il conflitto di interessi, Calderoli e il suo porcellum. Questa è ed è stata l’ingovernabilità.
Altro è pensare ad una riforma delle procedure, pensando al mondo che effettivamente cambia. Ma superare il bicameralismo perfetto non vuol dire mozzare il Parlamento.
Questo infatti vorrebbe dire trasformare una camera elettiva in una camera di fatto consultiva, fuori dal circuito della fiducia al governo, composta solo da aventi diritto. C’è già la conferenza Stato-Regioni, ci sono già gli organismi che rappresentano i comuni. Non manca certo il modo di consultarsi in Italia.
Se c’è un problema di funzionalità è sicuramente un’altra cosa e va affrontato chiedendosi cosa deve fare il nuovo Senato, non quanto costerà e quanti soldini ci porterà in tasca. E’ sempre il Senato, non la macchina vecchia in giardino
Facendo due più due, invece, sembra che Renzi stia costruendo quello che non è riuscito a fare Berlusconi: un sistema presidenziale. maggioritario, senza preferenze, con un rappresentanza drasticamente ridotta in termini di eletti rispetto al territorio e in termini di soglie di sbarramento rispetto ai partiti.
E sembra anche pensare ad una rete di adepti sul territorio, altrimenti non si spiegherebbe l’ondata di piccole poltroncine insieme al taglio delle province.
Pochi invece pensano al Senato come organismo di controllo, oppure ad una semplice modifica degli iter legislativi.
In questo quadro, se riformare il Senato significa togliere ai cittadini la possibilità di eleggerlo e dare pieni poteri ad una camera sola, credo che il “no grazie” sia anche troppo educato.
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