Tre figli di ministri arrestati per tangenti e corruzione, tre ministri dimessi e prontamente sostituiti con Erdogan che ne approfitta per un rimpasto di governo inaspettato e che calmi gli animi, subito dopo avere gridato che il “complotto” viene da “forze antiturche interne e con sedi all’estero” ed avere messo in cantiere una serie di misure, le ennesime, che limitino la democrazia ed i diritti umani. Perché?
Perché il PM che conduceva l’inchiesta ha avuto l’ardire di toccare due dei figli di Erdogan, il sacro primo ministro, l’uomo-stato che dopo avere gridato all’ anti-stato – perché lo stato è lui e chi è contro di lui è contro lo stato – ha immediatamente rimosso il PM: ufficialmente perché ha rivelato notizia riservate alla stampa, in realtà perché le sue inchieste hanno toccato due dei suoi figli, dei figli di Recep Tayyip Erdogan, leader di un partito d’ispirazione islamica, un buon padre, che deve difendersi dall’assalto, dal tentativo di deporlo.
La finanza turca è nel panico. Il valore della lira turca è precipitato. Il general manager della banca controllata dallo Stato, quindi da Erdogan, la Halbank, è in galera: con lui un’altra cinquantina di persone vicinissime all’esecutivo che fa rivoltare Atatürk nel mausoleo. I figli di tre ministri, imrpenditori, politici; ci dovevano anche esere i figli di Erdogan, ma la polizia ha aspettato ordini dal Governo, che per tutta risposta ha emanato un decreto che ne impediva l’arresto.
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