Questa mattina un amico direttore d’orchestra ha avuto la malaugurata idea di chiedere di incontrarmi in una pasticceria di Roma, di fronte a Santa Maria Maggiore, per parlare dei cazzi nostri in santa pace.
Malaugurata perché dopo avere visto i prezzi del servizio al tavolo era troppo tardi per alzarsi e ci siamo sorbiti due crostatine, un cappuccino ed un succo di frutto al prezzo di €22,50, rottura di coglioni di cameriera inclusa, che come un avvoltoio continuava a fare pressioni affinché ce ne andassimo in fretta fino a quando con due parole ben messe non l’ho fatta sparire.
Sto aspettando che il mio amico direttore d’orchestra mi invii la foto dello scontrino per rendervi edotti e regalarvi la di lui – dello scontrino – splendida immagine: nel frattempo rivolgo una domanda al nulla che ci governa e che avanza.
Non è scandaloso approfittare in questo modo di un servizio – quello al tavolo – aumentando spaventosamente i prezzi, gonfiandoli con la scusa del servizio affidato ad una maleducata cafona (alla quale è stato detto nei denti ciò che meritava) con un ricarico ingiutificabile oltre che oltraggioso?
Di questo mi ricorderò la prossima volta che un commerciante umilierà la mia intelligenza con sue insulse lamentele.
Se quella che ho vissuto è etica professionale preferisco – e così farò – non servirmi più in locali gestiti da autoctoni.
Si vergognino, invece di lamentarsi.
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