Tommaso Giuntella, capogruppo PD al Municipio I di Roma, giovane – secondo i perversi standard di questo paese – e preparato esponente politico della Capitale, ha annunciato nei giorni scorsi la sua candidatura alla segreteria cittadina del PD.
Molte tra le persone che ruotano attorno al nostro quotidiano hanno manifestato da subito interesse per la candidatura, alcuni l’intenzione di appoggiarlo attivamente.
Da parte nostra, avendo avuto occasioni di parlare con lui in diverse occasioni attraverso interessanti interviste rilasciateci nei mesi scorsi, lo abbiamo contattato per saperne di più sulla sua candidatura, sul suo programma, sulle politiche future del PD romano nel caso dovesse essere eletto alla segreteria cittadina.
L’intervista:
La prima domanda non può essere che “Chi glielo fa fare?”
Mi sta a cuore il Pd di Roma, mi stanno a cuore i circoli, gli iscritti, è la mia storia, ho speso anni di fatica, gioie, delusioni, vittorie, amicizie, speranze comuni. Ho deciso di mettermi a disposizione per un ragionamento condiviso, il risultato è che ogni giorno si aggiungono sempre nuovi iscritti, segretari di ciroclo, amministratori municipali, presidenti di municipio, consiglieri comunali… la lista è sempre più lunga, giochiamo per vincere!
Perché si decide di candidarsi alla guida del PD in un momento così difficile?
Perché a nessuno è dato scegliere il tempo in cui si vive, quello che possiamo fare, quello che dobbiamo fare, è accettare le sfide dei tempi con dedizione, dire “noi ci impegniamo, senza criticare chi non si impegna”. Ecco è un momento difficile e proprio per questo c’è ancora più bisogno di metterci a disposizione.
Il PD romano è qualcosa di più del partito di una città, è il partito di governo… Quali cambiamenti vede necessari nella sua gestione?
È il partito di governo in una città di quasi 3 milioni di abitanti, con 115 circoli del Pd e altrettanti di giovani democratici senza considerare i dintorni. Sono numeri da partito nazionale in tanti paesi dell’Unione Europea. C’è bisogno di una nuova classe dirigente che guardi al futuro, non al passato. Un partito giovane e forte che aiuti il sindaco a governare la città con una proposta politica efficace.
Come si è arrivati a questo punto di stallo e difficoltà nel più grande partito italiano?
È venuta meno la fiducia tra base e vertice, bisogna ricostruire. Sono stati commessi degli errori, a volte non siamo stati all’altezza, ma certamente il patrimonio di energie umane che è custodito nel nostro Partito – iscritti, dirigenti locali e nazionali, amministratori a tutti i livelli – un “popolo” di volontari straordinariamente generoso, che vive il paese reale, è il nostro punto di partenza.
Una volta eletto segretario del PD di Roma, qualora dovesse esserlo, che cosa farà?
Avviare subito una strutturazione delle forme di partecipazione. Il Partito democratico si deve dotare di un sistema di deliberazione e discussione interna fondato su assemblee e strumenti di rappresentanza interna che si incontrino regolarmente ad ogni livello perché ogni circolo possa vedere nell’azione politica del partito e dei gruppo il riflesso di una dibattito nato nelle proprie mura. Il PD deve anche confermare la collocazione dalla parte dei lavoratori ed a tutela dei servizi pubblici universali, come ha fatto nella battaglia per Acea. Oltre alla centralità del lavoro e dei lavoratori, non possiamo dimenticare che Roma è la capitale dell’accoglienza. Dai suoi più antichi cittadini, la Comunità Ebraica, fino alla Moschea più grande d’Europa (ed anche il centro buddista più grande d’Italia ndr), siamo tutti arrivati qui, e siamo tutti stati accolti a Roma. Il Pd di Roma dovrà impegnarsi con serietà, concretezza e spirito costruttivo sul fronte del dialogo, della solidarietà e dei diritti civili, seguendo anche qui il modello delle grandi capitali europee. Non è più tollerabile che nel pieno cuore della nostra città si assista ad aggressioni omofobe, il Partito Democratico ha il dovere non solo di mettere in campo tutte le sue energie per combattere queste violenze, ma anche il compito di lavorare per abbattere queste discriminazioni nel tessuto profondo della città. Le leggi non bastano anche su questo un partito forte può aiutarci a radicare il cambiamento nella vita delle persone.
Qual’e il suo programma per un nuovo PD?
Questo partito deve essere guidato da una nuova generazione politica, non per forza anagrafica, che si lasci alle spalle i vecchi schemi che non possono più funzionare. Il partito deve dare senso al suo radicamento, le radici ci sono perché l’obbiettivo sono le foglie, i frutti, la vita. Noi abbiamo un patrimonio di 115 circoli, abbiamo i circoli aziendali, profondamente radicati nelle realtà del lavoro, che oggi rivelano le grandi sofferenze di Roma. Ma essere radicati nel territorio senza dare al territorio la possibilità di fiorire nella partecipazione all’azione di governo non ha senso. L’iscritto deve sapere che quella tessera ha un valore, che è la chiave per entrare in un processo di democrazia partecipativa. La generosità della nostra gente richiede di immaginare la nostra politica con l’ambizione di un pensiero radicale. Decidere insieme chi vogliamo essere e dare un senso alla politica. La nostra politica. Un luogo in cui non si abbia paura delle parole e si riscopra la passione per la vita delle persone. Basta con i pacchetti di tessere, un partito forte è un partito di persone.
Lavoro, Economia, Cultura, Nuove Tecnologie, Web, Digital Divide, Uguaglianza, Diritti Umani e delle persone LGTB, Convivenza tra Culture e Religioni, Intolleranza, Tensioni Sociali sono tutte priorità: come stimolare il cambiamento necessario dal PD cittadino?
A poter “inventare” un’altra politica sono le persone, se motivate e coinvolte. Organizzare le nuove forze sociali che si muovono in città, far partecipare, rendere tutti o almeno il maggior numero possibile di persone in grado di costruirsi un futuro dignitoso, questo dovrebbe essere il compito del Partito Democratico di Roma. Per farlo dobbiamo valorizzare la nostra presenza anche fisica, rinnovare l’uso e le funzioni dei nostri circoli. Coordinare il lavoro delle nostre realtà di base con quello degli amministratori, svolgere davvero il ruolo di cerniera tra società e istituzioni. Non c’è cambiamento senza difficoltà, e un partito cambia la città e il Paese quando riesce a coinvolgere i cittadini in grandi sfide e non al contrario quando si limita ad utilizzarli come serbatoio a cui attingere per confermare blocchi di potere locale. Al partito spetta il ruolo di proporre soluzioni, ma anche di costruire consenso attorno a sfide che nel breve periodo possono apparire impopolari. I circoli e la rete servono a tenere insieme proposte di cambiamento reale e cittadini.
Lei è molto giovane, come pensa di rivolgersi a chi è più giovane di lei?
Chi è piu giovane di me ha soprattutto bisogno di essere ascoltato, tanti si rivolgono ai giovani, pochi o nessuno li ascoltano sul serio. Eppure sono proprio le ultime generazioni quelle che più di tutte sanno cosa significa vivere in un mondo in crisi, senza alcuna sicurezza. È questa la generazione che si scontra con gli stage, con i lavori gratuiti, con i profondi cambiamenti sociali e culturali. Io dico continuamente che questa generazione ha qualcosa in più da dire. E che è ora che si impegni in prima linea.
È sempre difficile, soprattutto quando hai di fronte un’esperienza che nel bene e nel male ha governato Roma per qualche decina di anni, ma noi guardiamo “avanti”, non a caso!
Quanto difficile?
È una bella sfida, in campo tre candidati dei quali ho grande stima, ma stiamo facendo un grande lavoro, siamo una bella squadra, siamo a un ottimo punto, abbiamo ricevuto l’adesione di 50 segretari di circolo, 7 presidenti di municipio, tante realtà territoriali e lavorative, direi siamo un pezzo avanti!
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