Parte da Bari la guerra dei nervi di Matteo Renzi e i dirigenti del PD, più alcuni Ministri del governo, dimostrano di non averli molto saldi. Basta che Renzi si pronunci contro l’amnistia (“Come spieghiamo ai giovani il valore della legalità, se ogni sei anni buttiamo gente fuori dal carcere?”) che i palazzi si incrinano, come ogni volta che un politico dimostra il plebeo ardire di schierarsi dalla parte dei cittadini che di amnistia non ne vogliono sentir parlare.
Matteo Renzi, ricorda ai convertiti dell’ultima ora che “sul carro non si sale, si viene per spingere” e lancia la sfida, come scrive il quotidiano Europa, “la sfida all’establishment del paese, forma evoluta e ampliata della rottamazione; la scuola, con un coinvolgimento degli insegnanti, che sarà allargato anche ai genitori”.
Reagiscono a Roma, Letta si imbestialisce, tre ministri anche, il PD di Bersani o D’Alema o Cuperlo (tanto sono gli stessi) ammalato di inutile buonismo, brutta malattia il buonismo, quando non è accompagnato dalla lucidità, ma solo dall’ego, tace; Renzi si schiera decisamente contro i tentativi di rifare il maquillage al Porcellum e spinge verso un nuovo bipolarismo, quel bipolarismo che gli Italiani hanno dimostrato di apprezzare prima che la classe politica indecente che ha governato il ventennio (il secondo, indecente quanto il primo) decidesse di farsi una legge elettorale ad hoc, proprio come se fossero persone degne di rispetto.
Renzi ce la mette tutta e ci piace particolarmente quando dice che “l’uguaglianza che è di sinistra solo se non toglie spazio al merito”, frase sulla quale che il Partito D-ego-cratico dovrebbe riflettere a fondo.
Se solo i suoi attuali dirigenti avessero tempo per usare il cervello.
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