Amnesty International Italia e Antigone hanno espresso disappunto per la definizione di tortura contenuta nel testo in discussione alla Commissione Giustizia del Senato, in quanto difforme dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. “Se questa definizione fosse introdotta nella legislazione penale, un singolo atto di tortura non sarebbe sufficiente a punire i torturatori” – hanno dichiarato le due associazioni.
Secondo l’ultimo testo unificato del disegno di legge sull’introduzione del delitto di tortura nel codice penale, presentato il 17 settembre dal relatore Nico D’Ascola (Pdl), per esservi tortura vi sarebbe infatti bisogno che vengano commessi “più atti di violenza o di minaccia”. Un solo atto del genere potrebbe dunque consentire di evitare una condanna. Si tratta di una definizione che ricorda tristemente una formulazione proposta nel 2004 dalla parlamentare della Lega Nord Carolina Lussana.
“Nel caso della proibizione legale della tortura il lavoro del parlamento può e deve essere facilitato dai testi internazionali. La definizione dell’articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984 non richiede sforzi di fantasia da parte del legislatore. È necessaria, piuttosto, una seria volontà politica, che purtroppo nell’ultimo quarto di secolo è mancata” – hanno sottolineato Amnesty International Italia e Antigone.
La lacuna normativa perdura da 25 lunghissimi anni, durante i quale l’Italia non ha onorato gli impegni internazionali, al contempo mostrando di non essere affatto immune dai rischi di tortura. Nell’ambito di importanti sentenze, infatti, i giudici italiani hanno affermato che questa lacuna normativa impedisce loro di procedere alla punizione di fatti gravissimi. Tra queste, la sentenza definitiva di condanna per i fatti di Bolzaneto.
“Ci appelliamo alla Commissione Giustizia affinché elabori e approvi una definizione di tortura conforme a quella delle Nazioni Unite” – hanno concluso Amnesty International Italia e Antigone.
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