A parlare è Masha Gessen, giornalista ed attivista per i diritti delle persone lgtb russe, tre figli, due naturali ed uno adottato (già trasferito all’estero dopo che venerdì scorso una nuove leggi antigay di Putin e della sua cricca ha equiparato lesbiche e gay agli alcoolisti e ai tossicodipendenti per togliere loro la potestà genitoriale su figli naturali ed adottati), e parla con l’Huffington Post, citato da Pinknews che riprende parte dell’intervista.
Per Masha Gessen l’unica speranza per le persone omosessuali del paese è un esodo di massa, vista la persecuzione che si è convertita in una vera e propria “guerra aperta” in nome della nuova dittatura di Putin, del suo partito e della Chiesa Ortodossa, nell’indifferenza della popolazione.
Nell’intervista Masha Gessen sottolinea il fatto che alti funzionari del partito di Putin, giornalisti allineati o cani sciolti malati di opportunismo appaiono quotidianamente in televisione per discutere se “Le leggi antigay sono sufficientemente dure o devono essere ulteriormente irrigidite”, cosa che suona come “un richiamo alla violenza di massa”.
Putin da parte sua si giustifica citando Tchaikovskji “che ha avuto relazioni gay, ma tutti i russi amano la sua musica” dimenticandosi di citare il film di produzione russa che riscrive la storia del musicista dipingendolo come eterosessuale, una menzogna storica.
Questa è la Russia di oggi, questo è lo stato delle cose dopo vent’anni di aperture democratiche e dopo la restaurazione di Putin e della Chiesa Ortodossa.
Una Russia nazionalista che rivendica il suo ruolo di superpotenza e di ago della bilancia contrapponendosi al blocco occidentale costruendo un fronte anti-libertà individuali dove chi è differente paga.
In perfetto stile gulag staliniano.
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