Pare proprio che ci siamo, in pochi giorni sapremo se dopo l’utilizzo delle armi chimiche da parte di Bashar Al Assad arriverà la risposta da parte dell’Occidente ricco e potente con la probabile astensione di Russia e Cina, o le altrettanto probabili polemiche strumentali dei leader dei due giganti asiatici, una risposta armata, con “danni collaterali” che si cercheranno il più limitati possibile, che siamo nell’era del “bombardamento compassionevole” alla ricerca della caduta definitiva del dittatore siriano, finanziatore di Hezbollah ed alleato di ferro della pericolosissima teocrazia iraniana (vi invitiamo a leggere l’interessantissima intervista sul tema realizzata dal sito No Pasdaran all’On. Gianni Vennetti).
Domenica scorsa la stampa britannica dava per imminente l’attacco, prontamente smentita dalla Casa Bianca (non va dimenticato che a dare l’ordine dell’attacco sarà un presidente, quello degli USA, insignito del Premio Nobel per la Pace), mentre la stampa europea, quella italiana in particolare, parla del forte pressing francese per un attacco immediato (Hollande avrebbe parlato più volte con Barack Obama, a questo proposito). Secondo la Repubblica l’attacco avverrebbe entro dieci giorni.
La Turchia, attraverso il suo ministro degli Esteri comunica all’opinione pubblica mondiale che “Bisogna fermare Assad a qualsiasi costo”.
Dietrologie a parte, ciò che sgomenta è la ricerca della Pace attraverso la Guerra, unico mezzo che i governi mondiali e le loro opinioni pubbliche sembrano conoscere e che in questi casi, qualsiasi parola votata alla pace sarà contestata con la scusa della “difesa dei più deboli”.
Ricordare che i conflitti nascono dall’egoismo, dalla sete di potere, dalle disuguaglianze sociali, dalla sete di controllo, dal criminale sfruttamento della terra, delle sue risorse, dallo sfruttamento della popolazione, dall’imporre leggi liberticide, e da tutto quanto sappiamo, serve a poco.
Noi però lo facciamo lo stesso. Perché un tempo si diceva che repetita juvant. E magari è proprio così.
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