Da un paesino del nord con la valigia in mano, se ne parte con il cuore gonfio, Roberto (nome di fantasia), 18 anni (anche l’età è di fantasia). La sua “colpa” essere gay, avere una relazione con un ragazzo da quattro anni (non due giorni, insomma…) e voler condividere il suo futuro con lui.
La famiglia di Roberto conosce “l’altro” come un amico, ma una carezza inaspettata tradisce i due ed è la tragedia: padre e madre insorgono e impongono al figlio di scegliere tra il suo “tipo” e la sua famiglia.
Il padre lo riempie di sberle. La madre gli dice la cosa più terribile, “Voglio che tu te ne vada perché potresti contagiare il tuo fratellino”.
Gli tagliano i viveri e lo gettano per la strada. Ma lui ha una fortuna, un compagno che lo ama e per il quale è disposto a tutto. Gli trova una casa, gli manda dei soldi e Roberto (nome di fantasia) si potrà rifare una vita in un’altra città, lontano dall’ignoranza che genera paura che genera omofobia che genera odio che genera rifiuto anche del proprio figlio.
Si tratta di una storia vera che abbiamo romanzato, ma che succede in una grande città italiana in queste ore. E chissà in quanti altri luoghi d’Italia. Tutti coloro che verranno buttati fuori casa senza un centesimo perché gay, avranno qualcuno che si occupi di loro per amore e senza chiedere nulla? Quali difficoltà incontreranno? Ce la faranno?
A questo portano l’omofobia e l’intolleranza: ad ingrossare le fila dei disperati.
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