Usain Bolt li rimette in fila in una gara di 100 metri velocissima (vittoria con 9″77 sul bagnato), con un solo bianco in finale (Cristophe Lemaitre, ultimo, che si fa anche male, un uomo da 9″92, non proprio l’ultimo arrivato) nella terra che ospita i Campionati del Mondo di Atletica Leggera, e dove prima che si ripassasse allo sterminio dei gay via social network lo sport preferito era quello dell’ammazza-negri per strada, o dello spaccare loro la testa con le mazze da baseball nella metropolitana di Mosca.
In uno stadio semivuoto, non s’è mai vista una cosa simile negli ultimi trent’anni di Mondiali e con un pubblico che applaude solo i russi, bianchi e anche un po’ antipatici, il ragazzino post-sovietico (ma quanto?) di vent’anni che vince la 20km di marcia e che trattiene a stento le lacrime al suono dell’Inno nazionale sovietico (proprio quello sovietico, quello voluto dal comunismo per intenderci e restaurato da Putin), ingoiando il rospo della commozione, ci fa venire voglia di chiederci se non sarebbe stato troppo gay per un maschio nel pieno del bollore degli ormoni mettersi a piangere per una vittoria a un mondiale…
©gaiaitalia.com 2013 tutti i diritti riservati riproduzione vietata
Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)