L’approvazione delle leggi sul matrimonio per tutti in numerosi, ormai, paesi europei ed extraeuropei e in numerosi stati degli USA, e l’aumento conseguente degli attacchi omofobi, dei pestaggi, degli omicidi e della propaganda antigay, palesano la necessità di analizzare ancora più profondamente il fenomeno e di studiare misure legislative ed educative che portino a un reale cambiamento della società.
In molti stati americani ad esempio, l’uguaglianza matrimoniale e le leggi a protezione delle minoranze sessuali non sono andate di pari passo (è di pochi giorni fa l‘omicidio di un 32enne di colore nel Village di New York), in Inghilterra si approva il matrimonio per tutti e due giorni prima una coppia viene brutalmente pestata, in Francia il suicidio di un 78enne di estrema destra come gesto “simbolico” contro il matrimonio per tutti fomenterà disordini e renderà gli intolleranti ancora più intolleranti, in Belgio gli attacchi antigay non sono mai stati così numerosi, in Italia la destra usa l’omofobia come arma elettorale.
La sensazione è che molti, anche tra gli attivisti e l’associazionismo lgtb, siano passati con leggerezza sulla questione: matrimonio per tutti non vuol dire fine della discriminazione, del conflitto sociale, dell’omofobia. Matrimonio per tutti non vuol dire automaticamente sparizione dei pregiudizi. Matrimonio per tutti non vuol dire per sempre: le leggi si possono cambiare o abrogare.
Serve una riflessione e la consapevolezza che la maturità di una società non si misura solo dalle leggi che una maggioranza politica, per quanto consistente, è in grado di approvare. Per migliorare la vita di tutti i cittadini, per evitare che le tensioni tra i differenti gruppi sociali, religiosi, etnici, diventino conflitti irrisolvibili bisogna investire nell’educazione. Bisogna fare in modo che tutti capiscano.
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