Da Mentana in poi, saggissime le sue parole su Twitter, ne abbiamo però sentite di tutti i colori. Gli umori di Twitter non sono quelli del paese (è vero, nel paese sono molto peggiori, basta vedere cosa succede negli stadi), la politica non si fa su Twitter (ditelo ad Obama) e i followers si possono anche comprare come fa Grillo (l’ultima intuizione politica de l’Unità, giornale dove scrivono grandi statisti).
Quando in Italia si comincia a manifestare fastidio per qualcosa, sarò anche fatta male, mi inquieto sempre, perché da qualche parte c’è sempre la voglia di censurare, di oscurare, la voglia di dire “questo non si può, e quell’altro nemmeno”, il piccolo satrapo censore che si nasconde in ogni italiano spunta ringalluzzito dalle critiche a questo o quel mezzo, vince per cinque minuti nel suo gridare “Censura!”, è il suo trionfo.
Ma la rete è libera: la protesta di Enrico Mentana è sacrosanta e legittima, come la sua scelta di andarsene da Twitter che c’è tutto un mondo intorno come se non lo sapessimo, ma è altrettanto vero che ci sono mezzi tecnologici per risalire all’autore di un insulto, se solo la Polizia Postale avesse il personale necessario, e se proprio questo insulto si vuole denunciare, che rendono tutto il parlare attorno a Twitter di questi giorni totalmente inutile.
Il profilo può essere falso, ma non c’è IP a cui non si possa risalire. Se si vuole. Non c’è utente che non si possa bloccare. E se si vuole denunciare a Twitter un abuso si può fare, la risposta arriva entro 24 ore e l’utente è prontamente bloccato, noi l’abbiamo fatto.
Se poi è più comodo fare casino attorno ad una rete sociale, allora ditelo.
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