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Chi è il nemico, colui che cambia la realtà attraverso i suoi servi o i servi che si prestano al gioco?

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Lilli Gruberdi Giancarlo Grassi

Ad ogni dibattitto, ad ogni questione importante affrontata dentro quell’apparecchio insostituibile, e così insostenibile, che è la televisione (in Spagna la chiamano la “caja tonta”, la cassa stupida), assistiamo a una regolare deformazione della realtà da parte di chi è al servizio di questo o quel potere, così che non esiste più una sola realtà che per comodità chiameremo oggettiva, ma ne esistono molte, soggettive, relative, separate, ma tanto più forti, quanto più è abile colui che ce la racconta.

E’ evidente il caso dell’uomo che ha governato l’Italia per 20 anni facendo il bello e il cattivo tempo, e che ad ogni tornata, ad ogni possibile svolta, è riuscito con la sua potenza di fuoco e la sua indubbia abilità, ad inventarsi e rendere credibile, e quindi reale, in qualche modo, una realtà “altra”, diceva Tondelli. Ma tutto questo sarebbe stato possibile senza i vari servi di scena che, a destra come a sinistra, sono pronti a servire il loro capo sostenendo (anche) l’insostenibile e (soprattutto) l’indifendibile, difensori impavidi di un punto di vista settario, parziale, che spesso va contro la realtà delle cose e il buon senso; ma qual’è la realtà, quella che loro raccontano o quella che voi/noi vedete/vediamo?

Ho letto da qualche parte di un tipo che affermava che esistono due tipi di prodotti, quello che uno vende e quello che l’altro crede di comprare: due in uno, ma uno. A questo pensavo venerdì sera seguendo 8½ su La7 con Lilli Gruber, e con i direttori di Panorama ed Europa, che vendevano uno Stefano Rodotà che non esiste ad uso e consumo degli elettori di Berlusconi da un lato e del PD dall’altra, o meglio ad uso della dirigenze di Pdl e PD; che raccontavano una storia elettorale che non esiste, senza prestare attenzione alle parole del giurista concentrato sui possibili miglioramenti di una Costituzione, quella italiana, la cui struttura comincia a dare segni di cedimento.

Quello che importava ai due non era stabilire punti di contatto con l’intervistato, peraltro uomo rispettato e stimato a tutti i livelli, ma di approfittare della presenza del Prof. Rodotà per continuare a trasmettere, a vendere, l’idea di politica che loro, e i loro datori di lavoro, hanno in testa.

Un’operazione che non è stata solo un insulto a Rodotà, ma anche ai tanti italiani (che forse non seguono ) che hanno capito perfettamente come sono andate le cose nel dopo elezioni e durante l’elezione del capo dello Stato.

 

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