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Hachikodi Olmaria

Il 10 Novembre del 1923 ad Ōdate, in Giappone, nasce Hachiko, un Akita bianco. Adottato dal Professore Ueno, Hachiko si trasferisce all’età di due mesi a Shibuya. Hachi e Ueno percorrono insieme, ogni giorno, la strada che da casa porta alla stazione. Hachi sentiva il fischio del treno, o si regolava guardando il sole, o semplicemente era la forza del suo amore ad indicargli quando era l’ora di recarsi in stazione, e alle 17, puntuale, ogni pomeriggio, era lì ad aspettare che Ueno tornasse da lavoro.
Come disse la volpe al piccolo principe: “Se tu vieni a trovarmi, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora preparare il mio cuore… Ci vogliono i riti”.
Hachi sapeva quando preparare il suo cuore. Quello era il rito che rendeva quell’ora diversa dalle altre. Un giorno di due anni dopo, Ueno ebbe un ictus e morì, mentre era al lavoro. Hachi come sempre, alle diciassette, era lì e quel giorno aspettò invano. Il giorno seguente andò di nuovo in stazione, allo stesso orario e aspettò ancora. Col passare del tempo la gente iniziò ad accorgersi di lui, gli offrì cibo, affetto. Ma nessuno poteva spiegargli quello che era successo.
Hachi continuò ad aspettare Ueno ogni giorno della sua vita, lo aspettò per dieci anni.

In suo onore e mentre era ancora in vita, furono erette due statue in bronzo: una nella stazione di Shibuya, nel punto in cui era solito aspettare ed un’altra ad Ōdate, sua città natale.  L’otto Marzo del 1935 all’età di dodici anni, Hachi morì ed ogni anno, l’8 aprile viene ricordato, in Giappone, con una cerimonia.

Questa è una straordinaria storia d’amore, d’amicizia e fedeltà.
Hachi in Giappone è citato continuamente, dal romanzo “L’ultima amante di Hachiko” di Banana Yoshimoto, ai manga di Ai Yazawa; lo troviamo nei cartoni animati, nei film giapponesi, nella vita di tutti i giorni, ed è sinonimo di fedeltà, inoltre Hachi, 八, vuol dire “otto” che in Giappone (come anche in Cina) è un numero magico.
Martedì scorso in prima serata, Raiuno ha riproposto il film di Hallström, basato sulla storia di Hachiko, ed ogni volta è sempre la stessa commovente emozione.  Perché come gli disse l’amico del Professore, andandolo a trovare alla stazione: “se Hachiko vuole aspettare, Hachiko deve aspettare”.
Provare per un attimo a sentire l’infinita speranza che tiene in vita Hachiko che mai si sente abbandonato: non è possibile che il suo miglior amico l’abbia tradito, lui prima o poi tornerà e il suo compito sarà aspettarlo, anche per tutto il resto della vita. Questa è una delle cose più dolci con cui possiamo per un qualche istante illuminare il nostro cuore.
Grazie Hachi.

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