di Bo Summer’s twitter@fabiogalli61
Le corrispondenze non sono soltanto della poesia, ci sono forze immaginative se la parola, in una lingua o nell’altra, varca le soglie comuni. Questo è il senso del libretto di cui vi parlo, *Ai poeti *di Emanuel Carnevali, via del vento ed.
Emanuel Carnevali, come Dino Campana, ha avuto il destino di un ‘poète maudit’: nato a Bologna nel 1897, partì da ragazzo per gli Stati Uniti, che dovevano diventare, per lui, il luogo simbolico della vita e della letteratura.
All’ispirazione turbinosa e senza requie si affiancherà alla malattia che lo porterà al rientro in Italia per un lungo ricovero, durante il quale scriverà The First God, il suo romanzo autobiografico, che venne pubblicato in una prima edizione parziale nel 1932.
L’Italia – egli scrive – riceve benigna / questo rottame – il mio corpo malato, / e questa fioca luce di candela – la mia anima (The return). Carnevali, ripensando alla sua esperienza americana, che coincide con gli anni della sua giovinezza più piena ed esuberante, si definisce «clown della sensualità».
C’è anche dell’ironia amara in quest’espressione che ben rivela il senso delle sue molteplici avventure con le ragazze compiacenti che affollavano locali e pensioni.
Il poeta però, quando ricorda, si trova già degente in una clinica e, col senno di poi, si percepisce alla deriva e in maniera coscientemente impietosa descrive una lenta discesa agli inferi che lo muta in «una nube nera, pronta a trasformarsi in una fioritura di tuoni e di lampi, sempre sospesa, sempre incombente».
Tutto, anche il piacere, sembra essere assorbito da un maledettismo non di maniera, ma vissuto, reale, ruvido, capace di generare una miscela di forti emozioni e altrettanto vertiginosi sbandamenti.
Carnevali amava Rimbaud per il suo dérèglement, ma occorre chiarire che con questo termine non è da intendersi la «sregolatezza», col suo significato etico .
Sesso e droga, quest’ultima assunta per ragioni mediche, non sono per lui espressioni edonistiche di un maledettismo estetico: sono le tappe di una deriva inarrestabile, di un’oggettiva discesa agli inferi.
Il maledettismo di Carnevali è una circostanza reale, non una scelta di vita. Il suo dérèglement artistico ed esistenziale, come quello di Rimbaud, è a suo modo una «mistica allo stato selvaggio», per usare l’espressione che Paul Claudel utilizzava a proposito del poeta francese.
È uno sregolamento tutto teso a superare le regole di un’esistenza chiusa tra luoghi comuni senza splendore.
Per Carnevali «le strade per il sole sono aperte e presto saranno affollate di poeti che si aspettano un messaggio del sole» .
Il dérèglement di Carnevali è dunque un movimento di conoscenza che non teme di essere «rapito dall’uragano» e che porta sia Rimbaud sia Carnevali a dire: «Voglio la libertà nella salvezza».
“Carnevali è una bomba che esplode entro la nostra cultura d’oggi” , così l’amata Maria Corti commentava nel 1978 la prima pubblicazione in Italia degli scritti di Emanuel Carnevali.
Nel leggere l’opera poetica, narrativa e critica di questo autore italo-americano si ha l’impressione di avere tra le mani un tizzone ardente che si è consumato troppo in fretta, bruciato al tempo di una visione, di un lampo, di un grido.
La morte sopraggiunse all’età di 44 anni in una clinica neuropsichiatrica di Bologna, provocata da un pezzo di pane andato di traverso.
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