di Giancarlo Grassi
La Tunisia è di nuovo nel caos dopo l’assassinio del leader di un piccolo partito d’opposizione di sinistra, ma abile politico, Chokri Belaïd, ammazzato da sicari con quattro colpi di pistola mentre usciva di casa, omicidio che si è sommato alle recenti e feroci incursioni delle milizie del partito al potere Ennahda (si definiscono guardiani della rivoluzione, in realtà non sono nient’altro che salafisti integralisti e fanatici) che si sono scatenati contro l’opposizione – due attacchi in 48 ore – che hanno scatenato una nuova invasione della strade da parte della popolazione, con nuovi disordini.
Dopo che diverse sedi di Ennahda sono state attaccate e incendiate, e la sede del governo assediata, il primo ministro del partito islamista al potere ha sciolto il governo e dichiarato che formerà un governo di unità nazionale (l’ennesimo), dichiarando alla radio più seguita del paese Mosaique FM, anch’essa nelle mire dei salafisti, che l’omicidio di Chokri Belaïd, è un attacco a tutta la Tunisia.
La Tunisia è un paese a fortissima maggioranza musulmana, ma dove la secolarizzazione della vita quotidian, la parità di trattamento tra uomini e donne, fortemente volute dal presidente Bourghiba prima e rafforzate da Ben Alí poi, sono state praticamente cancellata dall’ondata filoislamica di Ennahda, partito salito al potere con il 23% dei voti e che ha approfittato della sua vittoria per cercare di re-islamizzare il paese, dando via libera agli attacchi dei salafisti, con i risultati che oggi vediamo.
Secondo nostre fonti nel paese, ci sarebbero forti rischi di guerra civile.
