Il più grande del secolo si spegneva il 6 gennaio del 1993, per infezioni correlate all’HIVdissero e poi smentirono, era l’ennesimo tributo che il mondo dell’arte pagava a una malattia che aveva reso la gente cieca, impaurita, stupida, anche più del solito. Rudolph Nureyev era un genio, un danzatore irripetibile, un innovatore irresistibile.
Dopo Nureyev c’è stato il vuoto. Era un uomo dalla volontà inflessibile, dai grandi sogni, che mantenne fino alla fine.
Parlano di lui come di un genio a cui piaceva imparare, che amava circondarsi di persone più grandi, i suoi studi con Balanchine la dicono lunga sulla sua sete di apprendere, gli piaceva imparare dagli altri, ma sul palco era una leggenda e non aveva rivali.
Straordinarie le sue coreografie, le sue esibizioni, le sue scelte artistiche. Una vita stroncata a 55 anni, ma che il genio di Nureyev ha reso eterna.
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