Dopo anni passati come Direttore delle Risorse Umane in importanti banche italiane ed internazionali, approda alla politica nel 2005 ”spinto da un manipolo di italiani del gruppo londinese di ”Libertà e Giustizia” e armato solo del proprio blog” e decide di ”correre per le primarie dell’Unione” sfidando ”Prodi, Bertinotti, Di Pietro, Mastella, Pecoraro Scanio e Simona Panzino arrivando sesto con 26.912 voti, pari allo 0,6%”.
Vicepresidente del PD insieme a Marina Sereni, nel 2010 ha fondato ”Parks, liberi e uguali”, associazione no profit tra imprese impegnate ad implementare politiche di pari opportunità per i propri dipendenti GLBT. Autore del libro ”In Nessun Paese”, Ivan Scalfarotto collabora con l’Unità e e con Il Post. Determinato, intelligente, colto è una figura atipica della politica italiana non provenendo da nessuna federazione giovanile di nessun partito ”tradizionale”.
La sua cultura cosmopolita non è paragonabile con quella di nessuno dei politici italiani che rivestono un incarico importante in un partito politico. Ama i gatti, che è sempre buon segno. E a noi di Gaiaitalia.com piace, ma non è questo il punto.
L’intervista:
Lei è vicepresidente di un partito come il PD che si definisce di sinistra, e ci vuole coraggio, ma che fino ad ora ha bloccato tutte le possibili iniziative ”di sinistra” sulle unioni ugualitarie. Non la invidiamo….
In realtà è tutta la politica italiana ad essere molto in ritardo, non soltanto il PD. Del resto io non credo che il tema dei diritti civili debba essere necessariamente un tema “di sinistra”, io credo sia più che altro una questione di civiltà, e la civiltà non è certamente una cosa di destra o di sinistra. In ogni caso se vogliamo vedere delle leggi che rendano l’Italia più simile all’Europa abbiamo bisogno, per ragioni aritmetiche oltre che politiche, dei voti del PD. Per avere quei voti l’unico modo è fare politica, che vuol dire persuadere chi non la pensa come te. Che è esattamente quello che cerco di fare io dentro il Partito democratico.
Perché le persone lgtb italiane dovrebbero continuare a fidarsi del PD che ha detto ”a” e ha fatto ”zeta”?
Veramente il PD non ha detto nemmeno quella “a”, se per “a” intendiamo il punto più alto, l’uguaglianza tra i cittadini, e per “zeta” il nulla più assoluto. Su questo tema il PD, come del resto le altre forze politiche di sinistra, al massimo avrà detto “f” o “g”. E tuttavia le persone GLBT italiane devono fidarsi perché è più probabile che le leggi sull’uguaglianza arrivino dal PD che dalla destra nelle sue versioni reazionaria, clericale, populista, razzista o neofascista. Perché questo accada, però, non devono abbandonare partiti come il PD ma al contrario dar voce a chi, all’interno di quei partiti, si batte per loro.
Non trova ”scomodo” come persona dichiaratamente gay e con una storia assai lontana dall’italico atavico provincialismo doversi arrabattare tra ex-comunisti e cattolici semi-integralisti?
Faccio politica, e non lo trovo scomodo. Questo comporta scrivere, rispondere a interviste come questa, andare in televisione, girare il paese per educare le persone su certi temi. E, per quanto mi riguarda, nel fare tutto questo io provo a rappresentare una sinistra riformista, liberale, moderna ed europea. Quanto io ci riesca, poi, questo dipende dal consenso che riesco ad ottenere. Come dicevo prima, sono solo le persone che possono appoggiarmi e dar voce a quelli come me. Ma abbiamo bisogno del vostro appoggio. Mi creda, la Binetti o Giovanardi possono contare su elettori molto tenaci e fedeli, che non si nutrono di dubbi ma appoggiano in ogni momento senza esitazioni chi rappresenta i loro interessi.
L’associazionismo lgtb italiano si scanna tra vecchie difese territoriali e conflitti intestini; la sinistra, o ció che ne è rimasto, si scanna per gridare più forte dell’altro che ci vogliono diritti per le persone lgtb. In sostanza nessuno fa niente. Lei che dice?
Dico che le cose sono molto cambiate negli ultimi tempi. Il livello del dibattito si è molto elevato. La società è più pronta, la politica dice cose ancora del tutto insufficienti ma già molto più aperte di qualche anno fa: pensi solo alle dichiarazioni di Bersani o anche addirittura a quelle di uno come Casini, che – tra mille strafalcioni e espressioni assolutamente inaccettabili – pure sta comprendendo che l’Italia è molto cambiata.
Cosa pensa degli attivisti che hanno i mezzi per sposarsi all’estero, lo fanno e finiscono su tutti i giornali come per fare una festa, quando le persone che dovrebbero rappresentare non posso nemmeno stare tranquille per la strada? Non sarebbero necessari decenza, buon gusto e rispetto per gli altri?
Non mi sento di giudicare nessuno: il matrimonio è un passo privatissimo che va lasciato alla sfera più intima del singolo. Posso dire che io e il mio compagno ci sposeremo in Italia, quando sarà possibile, e teniamo un linea il più possibile “low profile” quanto alla nostra vita privata.
C’è ancora chi si fida delle associazioni lgtb italiane dopo tanti fiaschi?
Credo che abbiano vita difficile, anche grazie all’inaccettabile guerrilla permanente che esiste nel mondo dell’associazionismo italiano. Però io ho apprezzato lo sforzo fatto negli ultimi anni da parte di Arcigay per stabilire un contatto proficuo con le istituzioni (governo, ISTAT, forze dell’ordine) e uscire dal movimentismo un po’ naif che l’aveva caratterizzata in precedenza.
Sono davvero necessari tutti questi Gay Pride?
Nella vita le cose “necessarie” sono pochissime. Però quelle giuste, piacevoli e positive possono essere molte di più. Io forse ne organizzerei meno a livello nazionale al fine di non disperdere le forze. Ma, a parte questo, avendone le energie e le risorse, io farei un pride per ogni quartiere.
L’attivismo LGTB, le politiche LGTB, vengono vissute – questa è l’impressione – come un momento di visibilità sociale di chi ci si impegna, una visibilità tanto desiderata da far dimenticare gli obiettivi per cui si dovrebbe lavorare. E’ una cattiveria o anche Lei è d’accordo?
Associazionismo e politica dovrebbero essere nettamente separati. Bene ha fatto Arcigay in questi ultimi tempi a scegliere una linea di assoluta indipendenza dai partiti. Un’associazione GLBT che fiancheggi un partito politico si troverebbe in un conflitto di interesse e non potrebbe rappresentare i suoi soci in modo adeguato. Se voglio difendere le persone LGBT in modo efficace devo essere in grado di trattare con la stessa “cattiveria” con qualsiasi governo, come fa Stonewall in Gran Bretagna. Ma se il mio presidente è anche deputato o senatore di un certo partito, come faccio a rappresentarmi credibilmente come una forza indipendente?
Quando le persone LGTB italiane potranno godere dei diritti più basilari come difesa contro la discriminazione e possibilità di avere unioni riconosciute?
Io penso presto. Se la politica non si muoverà, ci penserà qualche giudice. Italiano o europeo. Il tema è che in questo caso la politica incasserebbe la sua ennesima sconfitta. Per questo io combatto perché le leggi le faccia il mio partito, dimostrandosi all’altezza della sfida della politica, che è quella di governare la realtà del nostro tempo. E poi ricordiamoci che quello che spetta alle persone LGBT non sono solo i diritti basilari ma l’uguaglianza piena e completa. Per quella, temo, la strada sarà più lunga e più ardua.
Possiamo fidarci di Lei?
Altroché. Senza la vostra fiducia, tanto varrebbe tornare subito alla professione che mi ha consentito di crescere come persona e di girare il mondo, e alla quale comunque prima o poi tornerò. Per me la politica non è un mestiere ma uno strumento per cambiare effettivamente le cose. Ma non ho nessuna speranza di farcela senza il vostro appoggio.