La bruttissima storia che stiamo vivendo negli ultimi giorni, le minacce britanniche a Julian Assange, le richieste di un deputato conservatore di ritirare gli aiuti economici a Ecuador, frutto di ”accordi di cooperazione bilaterale”, pone in evidenza che la celebrata democrazia britannica perde smalto a favore delle democrazie sudamericane. Che non è una buona notizia.
O forse la è. Non nutriamo particolare affetto per i vari capi di stato social-populisti dei vari stati sudamericani, Chávez e Correa in primis, pero bisogna riconoscere che i signori in questione sono stati tra i primi (e tra i pochi) a dire ”stop!” alla politica angloamericana del ”facciamo solo quello che cazzo ci pare”, espressione un po’ volgare che riassume però assai bene ciò che pensano i governanti laburisti o conservatori, repubblicani o democratici, delle due potenze in questione, quando si tratta di considerare il mondo come il cortile di casa. O come il cesso della dependánce.
Inghilterra, che reclama il diritto a consegnare ”alla giustizia” Julian Assange, dimentica che non fu così pura e casta quando si trattò di resistere all’estradizione di criminali nazisti; la Svezia non ha il coraggio di spiegare perché rifiutò l’offerta del presidente ecuadoregno Correa di interrogare Julian Assange sulle presunte violenze sessuali nei locali dell’ambasciata d’Ecuador a Londra. Stati Uniti e Gran Bretagna non dicono una parola sulle prove, che parrebbero certe, che la donna che accusa Assange di violenza sessuale sia in realtà un’agente dei servizi segreti angloamericani.
Senza celebrare le giovani e fragili democrazie sudamericane (chiamare democrazia Venezuela sarebbe un azzardo giornalisticamente insostenibile) è evidente che l’amore per la democrazia di Inghilterra e Stati uniti finisce dove cominciano i loro interessi economici e politici.