Il 10 dicembre del 1948, sessantatré anni fa, la ONU proclamó una serie di punti che chiamò Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Bella storia, ma i fatti vanno da un’altra parte. Sono passati sessantatré anni e nemmno siamo riusciti ad ottenere che l’elementare diritto ad avere da mangiare possa essere soddisfatto: mentre un terzo del mondo produce alimenti per sfamare due pianeti con lo stesso numero di abitanti della Terra e li manda al macero perché non si consumano tutti, mezzo pianeta vive con un dollaro al giorno quando ha la fortuna di averlo. L’elenco dei diritti che non sono rispettati sarebbe lungo, e non vogliamo fermarci a quello. E’ l’essere umano che deve cambiare. Cambiare la sua avidità e la sua tendenza ad accumulare per poi sprecare. Cambiare perché tutto cambia, non accumulare perché tutto sia uguale a sempre. Quanto dura per sempre? Dura fino a quando non finisce la e… (Ennio Trinelli, Vie di Scampo, 2004).
Fintanto che pochi godranno di tutto sulle spalle dei pochi che non hanno nulla, ci sarà poco da sperare in una serie di articoli che rimangono lettera morta a causa dell’avidità altrui. Quella che in Italia chiamiamo ”casta” non è altro che il riflesso di ciò che siamo dentro. Siamo sicuri che al posto di quelli che adessi chiamiamo ”casta” non faremmo lo stesso?
Il filoso giapponese Daisaku Ikeda, nella sua opera La Rivoluzione Umana, dice ‘‘… la rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al cambiamento del destino di una nazione e condurrà infine al cambiamento nel destino di tutta l’umanità…” (La Rivoluzione Umana Vol I-Esperia Edizioni). Di questo abbiamo bisogno: di un profondo cambiamento nel nostro cuore. Allora i Diritti Umani non resteranno solo una dichiarazione.
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