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Domenica 30 Ottobre era una magnifica giornata di sole, tiepida da tentare quasi una passeggiata in spiaggia, ”via dalla pazza folla”, ma tant’è, siccome avevo un amico in arrivo con un treno alle diciotto,

ho deciso di rimanere in città, e dopo aver letto un po’ al sole alle Zattere, ho deciso di tornare a vedere  la bellissima videoinstallazione del padiglione di Singapore (Clouds of Unknowing), e poi, sgomitando, in una Venezia non solo domenicale, ma di domenica di ponte di Ognissanti, quindi intasatissima di turisti, ho deciso di arrivare alla chiesa di S. Lio, per rivedere la magnifica installazione di Lench Majewski (Bruegel Suite), ma era chiusa, allora ho arrancato sino a Palazzo Albrizzi, vicino alle Fondamenta Nuove ed ho fatto una visita al piccolo, accurato padiglione Lituano che vi è ospitato, di là in Calle Racchetta, a Palazzo Pesaro Papafava, sede del padiglione della Macedonia, che ho trovato ancora una volta chiuso, per la terza volta su quattro! Di là ho continuato la mia lunga passeggiata nel cuore di Cannaregio, in un’atmosfera molto più tranquilla e con una  luce languidamente crepuscolare sino ad arrivare al Ghetto.

Attraversato il ponte di ferro, mi sono trovato in Campo del Ghetto Nuovo, in un’atmosfera pacata, con le luci dei locali e dei negozi che già risaltavano contro le facciate delle case rese già scure dal controluce del tramonto. Sono stato attirato dalla IKONA GALLERY, e dalla bella mostra fotografica al suo ultimo giorno di apertura. L’artista, MODI, (Anne Lise Cornet), ha intitolato la sua esposizione: LES POSSIBLES ed ha creato un percorso di ventitrè opere fotografiche di differente ispirazione, ma sempre molto intense e scelte in sequenza come di capitoli, con molto acume. Tutte sarebbero da citare, tanto per la qualità tecnica, come per la profonda ricerca spirituale che le anima, ma una ne citerò, che mi ha colpito molto fortemente: AILLEUR # 16 2008 Israel-Jordanie. Vi si vede una figura femminile di spalle, ammantata di azzurro, in piedi, nell’acqua bassa di un mare dal colore come la stoffa, rivolta verso un orizzonte vago.

Dopo complimenti all’artista e saluti all’ottima Ziva Kraus, anima di questa istituzione culturale da decenni, la mia passeggiata per il Ghetto, è continuata sino al rio di Cannareggio ed alla ritrovata confusione, dopo un tuffo in quell’oasi di pace.

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