In un piovosissimo pomeriggio romano, mi sono trovato davanti all’ingresso delle Scuderie del Quirinale dopo alcune ore di viaggio in treno, per vedere LORENZO LOTTO. Nessuno in giro, o quasi, nessuna
coda, la mia prenotazione, praticamente inutile, accredito in biglietteria, catalogo (fornito dall’ufficio stampa) fra le mani in un battibaleno. Organizzazione perfetta, come e meglio dello scorso anno, in occasione di CARAVAGGIO. Ecco, mi sono detto, anche a distanza di secoli Lorenzo Lotto si presenta schivo e riservato. Poche persone nelle sale, attente, emozionate dalla grande bellezza della pittura del veneziano, tutti un po’ in punta di piedi, ad incontrarci e ritrovarci ripetutamente di fronte alle opere, fra l’altro, così ben esposte ed illuminate!. Come è stata cura di spiegare da parte del curatore, Giovani Carlo Federico Villa, quello stesso di Antonello e Bellini in questa sede, e di Cima a Palazzo Sarcinelli di Conegliano, l’ordine cronologico di esposizione delle opere è rispettato solo in parte. Talvolta viene seguito un criterio tematico a causa della struttura dell’edificio, il cui primo piano espositivo è molto alto d’aria, mentre il secondo lo è meno – da qui alcuni adattamenti peraltro non determinanti. Parlando con il curatore lo scorso anno, alla presentazione di Cima, ero venuto a conoscenza del progetto, di cui mi ero molto rallegrato, siccome l’ultimo Lotto italiano, è stato quello dell’Accademia Carrara di Bergamo, nel 1998. Questa mostra rappresenta il quarto capitolo, di un progetto che si concluderà il prossimo anno a Vicenza con Bartolomeo Montagna. Occasione della manifestazione, è stato un numero molto alto di opere restaurate, per questa ragione esposte, e che ne fanno la grande importanza. Ci si pongono molte domande sulla personalità di Lorenzo Lotto pittore, che fu molto apprezzato in alcuni periodi della sua vita, e in altri poco considerato, poco pagato, a dispetto della qualità e della cura dei suoi dipinti. Si è mosso fra il Veneto, la Lombardia, le Marche, durante tutto il corso della sua vita, lasciando capolavori ovunque, volendo essere altrove, costantemente all’inquieta ricerca di tranquillità e calore umano. Uomo colto e sensibile, come si vede dallo scavo psicologico dei ritratti, era tipico esponente del suo tempo, a suo agio con i simboli e con gli enigmi, di cui dissemina le sue opere. Attento all’iconografia nelle opere sacre, riusciva sempre a dare un tocco di sottile distacco alle dogmatiche rappresentazioni, uno sguardo all’umore dei suoi personaggi: santi sempre molto umani e dalla vita interiore profonda, somme figure della vicenda evangelica dal volto trepido e partecipe della sofferenza del mondo, così come dagli sguardi precisi che chiarificano le loro intenzioni. A ciò si aggiunga la continua invenzione delle pale d’altare, abitate da angeli aerei che volteggiano leggerissimi, ma che interagiscono determinando le azioni, come nella sorprendente ELEMOSINA DI S.ANTONINO dei Frari di Venezia, dove sembrano suggerire al santo le decisioni, mentre in basso, i diaconi elargiscono le donazioni ad una umanità agitata, intanto una elegantissima signora con veletta, passa oltre, con il suo bellissimo profilo. La scena è divisa in tre registri narrativi contemporanei, come su una scala, idea che determina un grande senso di profondità. Tutte le pale d’altare sono esposte su strutture di un colore caldo aranciato, che riproducono in maniera stilizzata le proporzioni degli altari, in modo da ritrovare la distanza e l’altezza di visione delle opere. Risulta inevitabile citare il TRIPLICE RITRATTO DI ORAFO da Vienna (Kunsthistoriches) e quello di LUCINA BREMBATI, dall’Accademia Carrara di Bergamo per il piacere del rebus che contengono. E’ presente integralmente, il polittico di Ponteranica appena restaurato, mentre si sta ultimando quello del Polittico di S. Domenico da Recanati, e segnatamente la cimasa con CRISTO MORTO SORRETTO DA UN ANGELO, S.GIOVANNI D’ARIMATEA, LA MADONNA E LA MADDALENA, e si può seguire il lavoro durante l’orario di apertura della mostra. Giusto la citazione dell’ANNUNCIAZIONE di Recanati, di cui ho già ampiamente parlato proprio a proposito di Bergamo, anche questa appena restaurata; ma le annunciazione sono tre, anche quella di Iesi, divisa in due tavole: ANGELO ANNUNCIANTE, dalla figura dinamica che volteggia a pochi centimetri dal suolo, come testimonia con genialità l’ombra che l’artista gli ha dipinto, e VERGINE ANNUNCIATA, una ragazza sorpresa dal destino inaspettato che però, accetta con timore reverenziale le decisioni dell’Altissimo; l’ultima annunciazione è parte dell’appena citato Polittico di Ponteranica. Grande occasione, anche per il SAN NICOLA IN GLORIA dei Carmini, ancora da Venezia, dalla concezione spaziale ardita e dalle possibili ispirazioni respirate in città, che in basso ha un meraviglioso paesaggio marino nordico, già nella linea di ciò che produrranno i fiamminghi alcuni decennni dopo. Indimenticabile il COMMIATO DI CRISTO DALLA MADRE CON ELISABETTA ROTA, per l’ambientazione elegantissima in una grande sala a colonne, per la teatralità della composizione della scena, per l’arditissimo intreccio delle linee che s’intersecano, mentre la donatrice medita sulla visione. Si ha come l’impressione di una influenza dell’ambiente romano, che Lotto frequentò, ma dal quale non ha lasciato nulla, o almeno nulla ci è per ora, pervenuto. Dei diversi S. Gerolamo cito quello proveniente da Sibiu. Avevo visto per la prima volta questo S.GEROLAMO PENITENTE molti anni fa,a Venezia, nel 1991, a Palazzo Ducale, parte di una esposizione intitolata ‘‘CAPOLAVORI EUROPEI DALLA ROMANIA, Sessanta dipinti dal Museo Nazionale d’arte di Bucarest”, fra opere salvate dalla guerra, e sull’onda di una tragica, profonda emozione. Ora lo ritrovo in un’atmosfera, fortunatamente, più tranquilla. Concludendo, cito il RITRATTO DI GENTILUOMO CON LETTERA di collezione privata, non più vsto dalla mostra del 1953 e felicemente riesposto, e per la qualità del dipinto, e per la triste storia che vide il pittore domandare 15 scudi e riceverne 4, in quella Treviso dove anni prima veniva ben altrimenti apprezzato. Accettò osservando, nel suo Libro delle Spese diverse, che in realtà essendo la proposta partita da lui e non dal committente non gli restava che accettare il magro compenso… Già, un grande pittore, mai meritatamente valutato, sempre desideroso di essere altrove, che mai si formò una famiglia, che stette, in varie sitazioni ospite pagante presso parenti, che terminò la sua vita come oblato presso i monaci di Loreto. Forse aveva un cattivo carattere, chissà, dalle testimonianze del tempo si direbbe di no. Fu, in fondo, sempre solo, colto, sensibile, buono, testimoniano in molti… Questa bellissima mostra ne illustra il percorso artistico, ed anche umano, facendo atttenzione a mettere in luce i periodi, i passaggi cruciali di una grande carriera artistica, sino alla PRESENTAZIONE AL TEMPIO di Loreto, una tela dai magri colori, incerta, forse a causa l’incipiente miopia dell’anziano pittore, ma quanto intensamente drammatica, con quei contrasti di luce nella divisione spaziale, con quell’uomo anziano barbuto che guarda da dietro una colonna, e soprattutto l’inquietante mensa dai piedi umani, prefigurazione del finale sacrificio di Cristo, fatto altare del suo immolarsi, quasi come il petto di un giovinetto su cui celebrare l’eucaristia dei riti paleocristiani. Così esce di scena Lorenzo Lotto, con discrezione, e lasciando una grandissima eredità. La mostra rimarrà aperta sino al 12 Giugno. Il bellissimo catalogo è di Silvana.
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