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Rosario Coco, Io dico che… Se Charlie Hebdo fosse stato italiano…

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Rosario Coco 04di Rosario Coco twitter@RosarioCoco

La vicenda Charlie Hebdo ha lasciato un segno profondo. La destra italiana che se la prende con i musulmani e col “nemico in casa”, coloro che urlano al diritto di satira violato, chi grida, anche a ragion veduta, alla libertà di espressione, come si comporterebbe contro i terroristi, se Charlie Hebdo fosse stato italiano?

Sappiamo bene quanto sia tollerata la satira da certi politici nostrani. La famosa vignetta che raffigura un rapporto a tre tra il Padre, il figlio e lo spirito santo, come sarebbe stata accolta?

Gli stessi che oggi gridano alla libertà di espressione sono quelli che hanno fatto fuori Luttazzi e il suo Satyricon nel 2001, per aver annusato gli slip di Anna Falchi, gli stessi che hanno sbarrato le porte a Sabina Guzzanti dopo la prima puntata di RaiOt nel 2003 perchè prendeva di mira la legge Gasparri, gli stessi che hanno ricacciato lo stesso Luttazzi fuori dal piccolo schermo per la seconda volta nel 2007, poiché il suo Decameron stava per affrontare una puntata sul Vaticano e alcune scomode questioni di casa nostra.

Insomma, noi che oggi siamo tutti Charlie, siamo davvero pronti a sostenere il peso della satira?

La questione non riguarda solo la destra, ovviamente, ma anche una certa elaborazione concettuale che manca negli ambienti di sinistra. Qual è la differenza tra lo scherzo e la discriminazione, tra l’insulto e la satira? Non c’è dubbio che diversi in Italia avrebbero parlato di omofobia di fronte alla vignetta di cui dicevamo prima. Peccato che la sessualità (e non l’omosessualità) sia un argomento all’ordine del giorno per Charlie Hebdo e che rappresentare un rapporto a tre le figure più sacre del cristianesimo sia una sottile presa in giro del maschilismo che pochi sanno cogliere. Una presa in giro che ovviamente fa leva su una montagna di ipocrisia.

Ben altro, invece, se si compie uno sforzo di immaginazione, sono tutti quegli atti, immagini o comportamenti volti a istigare discriminazione vera e odio. Vero è anche che tutto questo è relativo alla cultura di un Paese. Se però entriamo nell’ambito di ciò che può indurre alla discriminazione, dovremmo allora prendercela (e dobbiamo farlo) con centinaia di messaggi pubblicitari e immagini che sfruttano un determinato immaginario collettivo sessista. La differenza, però, è che in questi casi non c’è la minima intenzione di ironizzare o mettere alla berlina un pregiudizio, ma vi è solo il il bieco obiettivo di specularci.

Insomma, una distinzione tra ciò che discrimina e ciò che prende in giro, tra mondi che hanno superato due guerre mondiali come ad esempio l’Italia e la Francia e pur con difficoltà hanno condiviso una carta dei diritti umani si può (e si deve) tracciare. Più complicato questo diventa con mondi più distanti. Ma la distanza chi la fomenta? Gli islamici in piazza a sostegno di Charlie Hebdo? Forse dovremmo aprire la porta di casa e iniziare a parlare con chi rispetta le persone, a prescindere da quale “mondo” provenga. L’unica strada, rimane tanta pazienza e una costante ricerca di coerenza anche in “casa nostra”.

Non certo ascoltare uno scriteriato urlare di qualcuno ad un’altra guerra preventiva o ad un fantomatico 11 settembre europeo.

(12 gennaio 2015)

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